Stop alle trivelle che dovrebbero scandagliare i fondali italiani a caccia di idrocarburi, con possibili danni irreparabili all’ambiente. E’ quanto chiedono numerosi associazioni, forte della riuscita della grande manifestazione di Lanciano, in Abruzzo, dove lo scorso maggio 60mila persone hanno sfilato pacificamente per dire no al baratto mare-petrolio.
La società civile non si arrende, spiegano gli oppositori ai progetti, che nei giorni scorsi hanno manifestato anche sotto al ministero per lo Sviluppo economico in occasione della Conferenza dei servizi chiamata a decidere su uno dei progetti più travagliati, quello di Ombrina mare, in Abruzzo.
Si tratta di una piattaforma che dovrebbe stagliarsi al largo della costa in provincia di Chieti, a soli cinque chilometri dal litorale – in un tratto di mare individuato già nel 2001 per la creazione di un parco nazionale, un’area non soggetta a tutela ambientale solo a causa di inadempienze e ritardi – per l’estrazione di petrolio e gas, collegata a una grande nave per lo stoccaggio e le prime fasi di raffinazione.
Lungo la costa dei Trabocchi (zona di San Vito), il cui nome deriva dalle installazioni per la pesca celebrate anche da Gabriele D’Annunzio, dovrebbe sorgere una piattaforma estesa 35 metri per 24 metri, alta 43,50 metri sul livello medio marino (come un palazzo di dieci piani), collegata ai 4-6 pozzi che dovrebbero essere perforati in un periodo di avvio del progetto della durata di 6-9 mesi.
Solo in questa fase verrebbero prodotti 14.258,44 tonnellate di rifiuti, soprattutto fanghi di perforazione. L'esatta composizione dei fanghi è coperta da segreto industriale, ma si tratta probabilmente di sostanze tossiche.
La piattaforma dovrebbe essere collegata ad una grande nave della classe Panamax riadattata per diventare una vera e propria raffineria galleggiante, definita Floating Production, Storage and Offloading (FPSO), posizionata con ancoraggi a 10 chilometri di distanza dalla costa. La nave sarebbe destinata alle operazioni di separazione dell'olio dal gas, dissalazione e al delicato processo di desolforazione del gas, tre fasi normalmente considerate negli schemi dei petrolieri proprie della raffinazione (che ne comprende anche altre). La FPSO potrà stoccare 50mila tonnellate di olio oltre a 10/15mila mc di acqua di formazione. Ogni mese, per 25 anni, la FPSO verrà avvicinata da un'altra nave che caricherà l'olio per trasportarlo verso altre destinazioni.
Per collegare piattaforma, nave FPSO e Campo Santo Stefano (dove sarà diretto il gas addolcito), si dovranno realizzare da 36 a 42 chilometri di condotte per olio, gas e acqua di produzione.
Queste strutture rimarrebbero per almeno 26 anni, di cui 6-9 mesi destinati alla perforazione e 25 anni alla produzione.
Oltre all'inquinamento e al grande rischio collegato a questo tipo di attività che l'impianto imporrà per almeno 25 anni, Ombrina rappresenta il tentativo di avviare un sistema di sfruttamento che non ha precedenti nel territorio, a fronte dell’impiego di pochissimi operai e tecnici delle compagnie petrolifere (spesso straniere), con indubbi danni per l’economia agro-alimentare e turistica.
Per ulteriori informazioni: http://dorsogna.blogspot.it/2014/07/ri-affondiamo-ombrina-mare.html, blog della prof.ssa D'Orsogna.
Ombrina Mare è il progetto che ha suscitato la reazione più forte e ampia nell’opinione pubblica, come ha dimostrato l’ultima grande manifestazione
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