La particolarità del momento si vede anche dall’andamento di alcune dinamiche commerciali legate all’agricoltura. L’andamento dei prezzi della terra nel 2019, dopo due anni positivi, segna una battuta d’arresto (-0,4% rispetto al 2018) che va ad aggiungersi alla diminuzione dell’attività di compravendita, verificatasi dopo quattro anni di aumenti.
Veneto e Friuli-Venezia Giulia sono le regioni con le maggiori riduzioni (rispettivamente -2,8% e -4,5%), ma registriamo segno negativo anche per Lombardia, Emilia-Romagna, Molise e Sardegna. L’analisi emerge dall’indagine delle sedi regionali del CREA – Politiche e Bioeconomia.
Ma perché questa dinamica? Le ragioni della contrazione vanno ricercate nell’aggiustamento delle quotazioni in Veneto (con oltre 50.000 euro/ha detiene il primato dei valori medi regionali), nella scarsa redditività del comparto dei seminativi e nella mancanza dell’effetto trainante del comparto viti-vinicolo.
E non ci si attende niente di buono nemmeno dai dati del 2020. Le ricadute dell’emergenza COVID sul mercato fondiario, in base ai dati raccolti nei primi mesi del 2020, evidenziano una grande preoccupazione per le regioni meridionali rispetto alle settentrionali, anche se una valutazione oggettiva e definitiva necessita di base dati che al momento non ci sono. Alcune tipologie aziendali, viticoltura e floricoltura in particolare, sono state particolarmente danneggiate dall’emergenza sanitaria.
Si conferma alto l’interesse anche nel 2019 per l’affitto dei terreni in alternativa all’acquisto, con una generale tendenza alla diminuzione della durata dei contratti. Il mercato è stato particolarmente dinamico nelle regioni settentrionali, con una domanda tendenzialmente superiore all’offerta, soprattutto nel caso di terreni di pregio; mentre nel meridione il mercato è stato stagnante nelle aree più interne e più dinamico in prossimità delle coste.