Non conosce sosta la compravendita di terreni agricoli, anche se a ritmi più ridotti rispetto all’anno precedente (+1,7% con circa 150.000 atti/anno), con ricadute anche sul prezzo della terra, non sufficienti però a compensare gli effetti dell’inflazione. Emerge dall’indagine sul mercato fondiario, curata dai ricercatori delle sedi regionali del CREA Politiche e Bioeconomia con il supporto del CONAF – Consiglio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali – e dei dati pubblicati da altre fonti ufficiali.
Nel 2022, il prezzo dei terreni agricoli ha registrato un aumento del 1,5% a livello nazionale rispetto al 2021, trainato soprattutto dalla circoscrizione del Nord Ovest (+3,2%) e del Nord Est (+1,2%), mentre nel Centro-Sud intorno a +0,5/+0,8%, con un prezzo medio nazionale che sfiora i 22.600 euro ad ettaro, seppur con evidenti differenze tra il Nord Est (47.000 euro) e il Nord Ovest (35.000 euro) e il resto d’Italia (inferiore a 15.000 euro).
Il credito e le erogazioni per l’acquisto di immobili rurali (-6% rispetto al 2021) si attestano, secondo Banca d’Italia, attorno ai 350 milioni di euro rispetto ai circa 500 milioni di euro riscontrabili nel periodo 2016-2019.
L’incidenza della Pac
Per quanto riguarda la PAC, gli attesi cambiamenti degli importi degli aiuti diretti al reddito e l’introduzione di nuovi meccanismi premiali basati sulla sostenibilità (ecoschemi) non sembrano avere effetti significativi sul prezzo della terra. Cauto ottimismo per le aspettative riguardanti il futuro, nonostante le incertezze del quadro economico internazionale, la revisione degli aiuti diretti al reddito, le misure previste dal Green Deal e gli eventi climatici estremi.
Continua a prevalere la domanda nel mercato degli affitti, trainata soprattutto dai seminativi irrigui nelle aree di pianura mentre diminuisce lievemente per i vigneti di alto pregio. In crescita i canoni d’affitto, legati all’inflazione, nelle aree dove il mercato è stato particolarmente vivace, mentre in altri contesti il livello dei canoni è rimasto pressoché stabile.
Secondo il Censimento dell’agricoltura 2020 (ISTAT) la superficie agricola in affitto, comprensiva degli usi gratuiti, è ulteriormente aumentata rispetto al precedente censimento (+27% rispetto al 2010), con il 50% della SAU nazionale coltivato con contratti di affitto (6,2 milioni di ettari).
Guardando al prossimo futuro, emergono le preoccupazioni degli operatori per l’aumento dei tassi di interesse, la diminuzione degli investimenti da parte delle aziende, le maggiori difficoltà di accesso al credito, oltre che i cambiamenti climatici in corso.
Il barometro del mercato della terra
Per la prima volta da quest’anno i ricercatori del CREA Politiche e Bioeconomia hanno realizzato un sondaggio on line – Il barometro del mercato della terra – rivolto a testimoni qualificati, per cercare di misurare gli andamenti e le prospettive per il mercato fondiario. Dal sondaggio emerge che la crescita dell’inflazione non sembra aver avuto un impatto significativo sui prezzi della terra. In un contesto generale dove prevale l’invarianza delle quotazioni, vi sono ambiti che mostrano una certa crescita dei prezzi dei terreni, come nel caso dei vigneti per vini di qualità, i seminativi irrigui, gli agrumeti e l’orto-floro vivaismo, mentre segna un lieve calo dei prezzi per frutteti, oliveti e pascoli legate alle difficoltà gestionali e di mercato per le prime due tipologie, e alla marginalità dei terreni e alla riduzione degli allevamenti estensivi per l’ultima. Le prospettive di breve termine del mercato sull’evoluzione dei prezzi e degli scambi riguardano un cauto aumento dei prezzi a causa delle incertezze del contesto internazionale e dell’incremento dei costi delle materie prime e dell’energia, per cui è probabile una contrazione del numero dei potenziali acquirenti.