Il 1 gennaio 2013 non è una data molto lontana ed è da quel giorno che sarà obbligatorio destinare alla riproduzione solo suini provenienti da allevamenti certificati come indenni dalla malattia di Aujeszky. Lo stabilisce un recente decreto ministeriale che introduce alcune novità per rendere più efficaci le misure indirizzate al controllo di una patologia con cui tutti i Paesi a suinicoltura avanzata hanno dovuto fare i conti, adottando Piani di controllo nazionali che, in molti casi, hanno portato alla completa eradicazione della malattia. Questo purtroppo non è avvenuto in Italia, nonostante l'introduzione del Piano di controllo risalga al lontano 1997.
"Se infatti da quell'anno e fino al 2004 abbiamo assistito a una significativa riduzione della sieroprevalenza, passata dall'83 al 39% “ spiega Loris Alborali, responsabile della sezione diagnostica dell'Istituto zooprofilattico della Lombardia e dell'Emilia-Romagna con sede a Brescia “nei tre anni successivi, quindi dal 2004 al 2007 abbiamo assistito a una stabilizzazione del fenomeno a cui però ha fatto seguito un ulteriore aumento che nel 2009 ha registrato una sieroprevalenza del 46,6%". Un dato allarmante, che in Europa ci accomuna solamente al Portogallo, alla Grecia e ai Paesi dell'Est e che, se a breve non vogliamo vedere penalizzate le esportazioni dei nostri prodotti di salumeria, deve ridursi drasticamente. Ma cosa ha determinato questa situazione? Per quale motivo il nostro Paese non rientra nell'elenco di quelli virtuosi che, a livello europeo, sono riusciti a ottenere lo status di "stato indenne dalla malattia di Aujeszky"?
Per Loris Alborali, purtroppo, la risposta sta nel non aver recepito l'importanza di questo Piano vaccinale "che per essere vincente“ sottolinea “deve essere applicato correttamente e coinvolgere in maniera attiva la coscienza dell'allevatore, il veterinario aziendale e quello dell'Asl. In mancanza di questi requisiti sarà molto difficile uscire da questo problema. Come Istituto zooprofilattico stiamo portando avanti una serie di iniziative per stimolare la necessaria sensibilizzazione affinchè tutte le parti coinvolte si coordino e agiscano a livello di sistema: solo in questo modo potremo arrivare anche in breve tempo a un ridimensionamento della sieroprevalenza che ci permetta di rispettare la data del 1 gennaio 2013 senza che eventuali limitazioni nella movimentazione dei suini ci vengano imposte dall'Europa, con le ripercussioni negative per la nostra suinicoltura che è facile immaginare, a tutto vantaggio invece dei nostri più diretti competitor".
Per Andrea Cristini, presidente dell'Anas (Associazione nazionale allevatori suini) la responsabilità degli allevatori è anche racchiusa nella crisi che da diversi anni attanaglia il settore e che li costringe a dover fare qualche economia di scala. "Non è una giustificazione“ puntualizza “ma quando le cose non vanno bene si tende a volte a soprassedere su alcune questioni non rendendosi conto, magari, che si peggiorano le cose. L'obbligo previsto dal 1 gennaio 2013 impone un atteggiamento diciamo pure più responsabile. Il costo economico del Piano vaccinale previsto per debellare la malattia di Aujeszky, tre vaccinazioni per i riproduttori e altrettante per i soggetti in accrescimento, non comporta un esborso economico particolarmente rilevante, i danni invece che la malattia provoca in allevamento e che potrebbe causare alla commercializzazione sarebbero deleteri per tutta la filiera".
Italpig, il salone della suinicoltura italiana (Cremona, 27-30 ottobre) sarà il palcoscenico ideale dove allevatori e operatori del settore potranno approfondire tutti gli aspetti, normativi e sanitari, legati alla gestione della malattia di Aujeszky affinchè in breve tempo il nostro Paese possa entrare a far parte dell'elenco europeo di quelli dichiarati indenni. La dimostrazione che il risultato si può raggiungere sarà proprio attraverso le mostre zootecniche di Italpig, ormai da due anni "Aujeszky free", che presenteranno solo il meglio della suinicoltura nazionale.