Secondo i dati registrati dall’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR, il 2022 è stato l’anno più caldo e siccitoso dal 1800, dieci mesi su dodici sono stati i più caldi mai registrati in Italia con una mancanza del 30% di piovosità. A soffrire di più è stato il Nord- Ovest, in particolar modo il Piemonte dove alcune zone hanno avuto un deficit di oltre il 50%.
Questo trend è oltremodo inquietante se si considera che i venti anni più caldi mai registrati dal 1800 ad oggi sono concentrati nel nuovo millennio.
La crescente scarsità di precipitazioni spesso vanifica il lavoro dei nostri agricoltori – osserva il Presidente dell’UCI Mario Serpillo – e sta riducendo sempre più drasticamente gli ettari ove sia possibile coltivare molti prodotti, quali ortaggi, cereali e riso.
Attualmente la stima complessiva dei danni arrecati dalla siccità all’ agricoltura si aggira intorno a 6 miliardi di euro e le previsioni per la stagione estiva sono ancora più allarmanti. In particolare si teme un calo della produzione di circa il 15% per gli ortaggi, fino ad arrivare al 30% per il riso e per il mais, come pure sono considerate seriamente a rischio anche la prossima vendemmia e la raccolta delle olive.
Per contrastare la siccità necessitano misure efficaci ed un coordinamento interministeriale. L’UCI, in tal senso, ritiene molto positiva la decisione del governo di riunire il prossimo 1° marzo una cabina di regia, presieduta dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, allo scopo di stabilire una gestione unica dell’acqua, attualmente affidata a numerosi e distinti soggetti: il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero dell’Agricoltura della Sovranità alimentare e delle Foreste, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, ed altre sette autorità di bacino.
Il Presidente dell’Unione Coltivatori Italiani sottolinea l’importanza di avere un unico piano idrologico nazionale per l’approvvigionamento idrico ed un ente unico per il monitoraggio delle risorse e dei consumi idrici nazionali.
Per fronteggiare la siccità si deve perseguire una politica di “previdenza idrica” – prosegue Mario Serpillo – che contrasti gli sprechi, la dispersione ed ottimizzi i consumi, come dimostrano alcune esperienze avanzate nel nostro Paese che già da tempo attuano sistemi virtuosi di raccolta e di recupero delle acque. Esse rappresentano esempi di alto profilo tecnico – scientifico da replicare, laddove possibile, su tutto il territorio nazionale. Nella Sardegna meridionale, attraverso una rete di dighe in gran parte collegate tra loro – malgrado i record negativi di precipitazioni e le alte temperature registrate lo scorso anno – si è raggiunta una riserva idrica pari a 1 miliardo e 21.000 metri cubi. Gli invasi generati dalle dighe, attraverso una mirata distribuzione, anche nel caso di una siccità estrema e prolungata, assicurano l’approvvigionamento dell’acqua a tutto il sud dell’isola.
In Veneto, nell’area pedemontana, dove esiste una rete di canali che si estende per 16 ettari, si sta contrastando il preoccupante depauperamento delle falde acquifere mediante un sistema di infiltrazione dei terreni che in modo naturale riesce a “ricaricare” le sorgenti che da sempre alimentano il territorio.
L’UCI ritiene che esperienze simili, unitamente ad altre misure – come una diffusa creazione di invasi e bacini di raccolta delle acque meteoritiche – se realizzate fin d’ ora, possano contribuire efficacemente a contenere i devastanti effetti della siccità sull’agricoltura e continuare a garantire l’approvvigionamento idrico per gli usi civici.