Partita la procedura comunitaria per fermare le importazioni di riso a dazio zero dai Paesi asiatici, evento che "nell’ultimo anno ha dimezzato le quotazioni riconosciute agli agricoltori italiani su livelli insostenibili", secondo i rappresentanti dei risicoltori nostrani. E' stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C 100/30 di oggi l’avviso di apertura di un'inchiesta di salvaguardia relativa alle importazioni di riso originario dalla Cambogia e dalla Birmania, da dove nell’ultimo anno ne sono arrivati 22,5 milioni di chili.
La procedura segue l’invio a Bruxelles del dossier integrato per la richiesta di attivazione della clausola di salvaguardia a tutela del settore risicolo dalle importazioni a dazio zero dai Paesi asiatici Eba, da parte dei ministeri delle Politiche agricole alimentari e forestali e dello Sviluppo economico con l’obiettivo di fermare la possibilità di esportare verso l'Unione europea quantitativi illimitati di riso a dazio zero da questi Paesi perché la crisi dei prezzi mette a rischio la sopravvivenza e il futuro dell'intera filiera risicola europea.
Un passo importante ed urgente nei confronti dell’"invasione" da Paesi come la Cambogia e la Birmania "da dove sono triplicate nell’ultimo anno le importazioni in Italia di riso greggio raccolto anche sui campi della minoranza Rohingya costretta a fuggire a causa della violenta repressione. Un pacco di riso su quattro venduto in Italia contiene prodotto straniero; la produzione asiatica rappresenta circa la metà del riso importato in Italia.
La risicoltura italiana vive una situazione di grande stress, per il fatto che solo nell’ultimo anno i prezzi riconosciuti agli agricoltori italiani hanno fatto registrare contrazioni consistenti per le principali varietà di riso, che vanno dal -58 % per l’Arborio al -57 % per il Carnaroli, dal -41 % per il Roma al -37% per il Vialone Nano. La crisi è drammatica e mette a rischio il primato nazionale in Europa, dove l’Italia è il primo produttore di riso con 1,50 milioni di tonnellate su un territorio coltivato da circa 4 mila aziende di 234.300 ettari, che copre circa il 50 % dell’intera produzione Ue con una gamma varietale del tutto unica.
La procedura avviata dalla Commissione europea prevede un'inchiesta della durata massima di 12 mesi, al termine della quale se saranno provate le “gravi difficoltà” con il “deterioramento delle condizioni economiche e finanziarie” in termini di occupazione o redditi, la Commissione può proporre un atto di esecuzione che dopo l’accordo degli Stati membri, dovrà avere anche il via libera di Parlamento e Consiglio. Le misure di salvaguardia non possono durare più di tre anni anche se è possibile un proroga.
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