In tema di pensioni e di aggancio alla reale durata dell’aspettativa di vita oggi, è necessario considerare anche la posizione di chi compie lavori usuranti al servizio della collettività. Non solo minatori, quindi, ma anche coltivatori diretti e Iap, al momento esclusi dalla definizione. Le organizzazioni agricole lo richiedono a gran voce, entrando in questo modo nel dibattito aperto sulle pensioni con il Governo. Il lavoro nei campi ha tutte le caratteristiche per rientrare tra le attività usuranti da esentare dall’adeguamento automatico dell'età pensionabile all'aspettativa di vita.
Anche sull’aspettativa di vita, il mondo agricolo si oppone al criterio usato dalla legge Fornero per portare l’età pensionabile a 67 anni dal 2019. Il metodo utilizzato ha già mostrato le sue contraddizioni, non tenendo conto per esempio di anni come il 2015, in cui la speranza di vita è invece diminuita. Tale meccanismo porterà inevitabilmente ad alzare l’età minima delle pensioni di vecchiaia a livelli insostenibili, con ripercussioni sia sulla popolazione anziana sia in termini di ricambio generazionale. Questo finirà per pesare soprattutto sugli agricoltori, dove il turn-over nei campi è tuttora parecchio basso. Servirebbe, invece, un provvedimento di spinta per il ricambio generazionale, in un settore dove si assiste ad una crescente domanda di lavoro da parte di giovani ma anche una necessità per ridurre, con nuove energie, l’impatto degli infortuni sul lavoro in agricoltura.
Ma c’è di più. Al di là della discussione in atto sulle pensioni, gli assegni pensionistici degli agricoltori italiani restano tra i più bassi d’Europa. Per questo, in vista dell’iter in corso di approvazione della legge di Bilancio, si propone un intervento significativo per garantire pensioni dignitose a Coltivatori diretti e Iap, prevedendo l’istituzione di una pensione base (448 €) a cui aggiungere la pensione liquidata interamente con il metodo contributivo.