Compleanno (strano ed infelice) per la pizza Margherita, che celebra le 131 primavere. Le vendite, in questa prima fase di riapertura, sono calate mettendo a rischio il futuro di 63mila pizzerie e circa 200mila addetti. Emerge da una recente analisi, proprio nel giorno in cui si celebra la nascita di uno dei simboli della cucina italiana nel mondo.
Nel giugno 1889, infatti, una lettera del capo dei servizi di tavola della Real Casa, Camillo Galli, convocava il cuoco Raffaele Esposito (della pizzeria Brandi) al Palazzo di Capodimonte, residenza estiva della famiglia reale, perché preparasse per Sua Maestà la Regina Margherita le sue famose pizze. Nacque così la più nota delle pizze napoletane, condita con pomodoro, mozzarella di latte vaccino, basilico fresco, sale ed olio.
Da allora il fatturato della pizza nel mondo ha superato i 100 miliardi di euro confermandosi un tesoro del Made in Italy e un simbolo del successo della dieta mediterranea nel mondo, tanto che l’Unesco ha proclamato nel 2017 l’arte dei pizzaioli patrimonio immateriale dell’umanità. La colonna portante di un sistema economico che la pandemia ha messo però in gravissime difficoltà.
Nel periodo pre-Covid 19 solo in Italia si sfornavano circa 8 milioni di pizze ottenute grazie all’utilizzo di 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. La chiusura forzata dei locali ha avuto impatto devastante non solo sulle imprese e sull’occupazione ma anche sull’intero sistema agroalimentare, che ha visto chiudere un importante sbocco di mercato per la fornitura dei prodotti.
Con le prime riaperture in molti sono invece ricorsi prima alla consegna a domicilio e poi all’asporto, anche se la ripartenza per i locali resta comunque difficile a causa di una diffusa diffidenza da parte di chi ha ancora paura, della chiusura di molti uffici con lo smart working e dell’assenza totale dei turisti stranieri, da sempre tra i più accaniti consumatori di pizza.
Gli americani ne sono i maggiori consumatori, con 13 chili a testa mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono la classifica.