C’è allarme sulla riserva idrica di Pianosa. Oggi “l'isola si regge praticamente su un unico pozzo vetusto, il solo superstite della trentina un tempo esistenti», le parole di Roberto Giannecchini, del dipartimento di scienze della terra dell'Università di Pisa. Per tenere sotto controllo questa risorsa, un team di geologi guidati da Giannecchini e da Marco Doveri, dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del Cnr dal 2014, ha avviato una rete di monitoraggio continuo e svolge regolarmente tre o quattro campagne di campionamento e misurazioni annuali sull’isola.
Il sovra sfruttamento e la pressione antropica hanno messo a rischio questa risorsa sia in termini di volume, sia per l’ingresso di acqua di mare e di contaminanti nella falda, in particolare nitrati, legati alle attività agro-zootecniche associate al penitenziario.
“Il nostro obiettivo è quello di studiare il funzionamento di questo particolarissimo sistema acquifero, i suoi meccanismi di ricarica e la sua vulnerabilità rispetto allo sfruttamento e alla contaminazione del mare, grande nemica delle falde sotterranee, specialmente nelle aree insulari – spiega Giannecchini– nonostante le difficoltà, Pianosa rappresenta un luogo unico, pieno di fascino, un habitat pressoché incontaminato che fa dell’isola un laboratorio scientifico strategico nel contesto più ampio del Mediterraneo”.
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