Lo scorso 28 dicembre una nutrita delegazione di pastori sardi è stata bloccata dalla polizia italiana all'interno del porto di Civitavecchia. Si sono ripetuti momenti di forte contrapposizione, anche fisica, tra i dimostranti e le forze dell'ordine. Oggi il Movimento Pastori Sardi continua a domandarsi il perchè di tale ostruzionismo da parte dello Stato italiano alla mobilitazione di un comparto in piena crisi. Ragioni ribadite nei giorni scorsi nell'ambito di una manifestazione promossa ad Oristano in concomitanza con l'incontro sulla sicurezza tra il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, e l'Anci.
"Lo scopo di questa nuova mobilitazione dei pastori – spiega il Direttivo Politico Nazionale di A Manca pro sà Indipendentzia – è quello di ottenere una risposta dal ministro sul perchè i pastori sardi, il 28 dicembre scorso, sono stati bloccati all'interno del porto di Civitavecchia e malmenati dalla polizia italiana e perchè è stato impedito loro di arrivare a Roma per manifestare contro la politica italiana di distruzione del comparto pastorale. I pastori chiedono inoltre a Maroni -proseguono – perchè abbia appoggiato le manifestazioni degli allevatori italiani del nord, che non avevano intenzione di pagare le multe europee per aver superato le quote latte (venendo egli stesso condannato per resistenza a pubblico ufficiale a seguito di una manifestazione del 1996), e non abbia esitato invece a ricorrere alla brutalità della polizia per impedire ai pastori sardi di manifestare a Roma. Riteniamo poi scandaloso – aggiungono – anche il contenuto dell'incontro di Oristano. I sindaci presenti, Maroni e Cappellacci, hanno auspicato che per combattere la violenza nelle zone dell'interno, sia intensificata la presenza della polizia italiana. Maroni ha parlato addirittura di un˜Piano speciale per la Sardegna". Noi ricordiamo a Maroni che in Sardegna ci sono 334 presidi di Forze d'occupazione su 377 Comuni, la media più alta dello Stato italiano e che l'Italia ha sempre stilato ˜piani speciali" per le nostre comunità, assediando paesi, rastrellando gli ovili e le campagne e requisendo terre per farne poligoni militari. Nei nostri paesi chiudono i servizi minimi, le strade sono in condizioni pessime, il lavoro è al tracollo e i colonialisti pensano di risolvere l'ovvio malessere sociale con una maggiore presenza di forze di occupazione militare italiana. Invece di rilanciare la pastorizia, l'agricoltura, l'industria leggera e di offrire servizi adeguati alle nostre comunità , l'Italia progetta di spendere soldi in caserme e fili spinati esattamente come fanno gli israeliani in Palestina".
Per assicurare ulteriore voce alle istanze della pastorizia isolana, il movimento ha scritto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. La lettera si apre con la ricostruzione dei fatti del 28 dicembre: "Eravamo poco più di un centinaio provenienti da tutta la Sardegna e in noi non c'era alcuna idea bellicosa“ scrivono i pastori. Al porto di Civitavecchia eravamo attesi da un imponente schieramento delle forze dell'ordine che ci hanno letteralmente sequestrato e poi rinchiuso contro la nostra volontà in un recinto senza che avessimo commesso alcun reato e senza che avessimo intenzione di commetterne, perchè siamo gente pacifica, anche se qualche volta, proprio l'intervento sproporzionato delle forze dell'ordine, ha creato disordine in qualche nostra manifestazione.
Il movimento sottolinea come "nei confronti dei pastori esistano molti pregiudizi difficili da superare, anche se in questi anni abbiamo ottenuto manifestazioni di grande solidarietà da tanti lavoratori e cittadini come noi". I pastori fanno sapere che è "in preparazione il documentario "Capo e Croce" di Marco Antonio Pani e Paolo Carboni, che racconterà il mondo delle campagne della Sardegna, e soprattutto quello degli allevatori, in un momento storico in cui il Movimento dei Pastori Sardi si fa portavoce a livello regionale, nazionale ed internazionale del forte disagio e della crisi del settore agropastorale“ spiegano i portavoce del movimento.