Alla grande i consumi di pasta 100% italiana, al contrario degli acquisti di pasta in atto da tempo in Italia. Lo afferma il report Ismea Tendenze sul frumento duro. In un comparto ormai maturo, dunque, il richiamo all'origine nazionale della materia prima ha fornito un forte stimolo all'acquisto da parte delle famiglie.
Nel 2019 la confezioni che esibivano in etichetta la dicitura 100% italiana hanno avuto una crescita a doppia cifra (13% sia a volume che a valore), ancora più marcata se si prende in esame solo il primo semestre dell'anno (+23% l'incremento delle quantità e + 28,5% quello della spesa). Il peso della pasta 100% italiana sui consumi totali di pasta di semola secca è aumentato: da una quota del 14% in volume e del 17% in valore nel 2018, ha superato oggi il 20% in volume e valore.
Durante i mesi del lockdown, come verificatosi per l'intero comparto alimentare, le vendite di pasta sono risultate in netto aumento. I primi sei mesi del 2020 fanno perciò segnare una crescita su base annua dell'8% in volume, e del 13,5% della spesa. In generale, la pandemia e le conseguenti misure restrittive hanno esposto le industrie della trasformazione molitoria e pastaria italiana a una forte vulnerabilità, data la strutturale dipendenza dalla materia prima estera. Va ricordato infatti che i quantitativi di granella che provengono oltre frontiera oscillano annualmente tra il 30% e 40% del fabbisogno delle imprese di trasformazione.
Tale preoccupazione è stata maggiormente sentita durante le prime settimane dell'emergenza, successivamente la filiera ha mostrato un elevato grado di resilienza: sono aumentate infatti sia le importazioni di materia prima sia le esportazioni di pasta di semola, così come il consumo domestico dei derivati del frumento duro.