Produzione quasi dimezzata, prezzi al frantoio elevati e un livello di importazioni come non si vedeva da 20 anni; sono questi gli elementi che hanno del 2014 un’annata decisamente inusuale per l'olio di oliva. Da gennaio a dicembre, spiega l’Ismea, sono giunte dall'estero ben 666 mila tonnellate di olio di oliva e sansa con una spesa che ha superato il miliardo e mezzo di euro.
La crescita degli esborsi (+23,3%) è stata più contenuta rispetto all'incremento dei volumi importati (+38%) a causa della flessione media dei listini degli oli provenienti dalla Spagna, vero grande bacino di approvvigionamento estero dell'industria italiana.
A condizionare gli scambi commerciali dell'Italia è stato, infatti, il picco storico delle disponibilità spagnole della campagna 2013/14 esitate a prezzi particolarmente competitivi.
Per l'export, di contro, il 2014 è stato un anno di record mancati. In volume, infatti, nonostante un incremento del 6% sul 2013, le consegne oltre i confini nazionali si sono fermate a 411 mila tonnellate, non riuscendo ad eguagliare il primato del 2012, mentre in valore si è avuta una flessione rispetto al 2013 (-0,4%).
Il risultato di queste dinamiche import-export è un saldo della bilancia commerciale in valore che torna in rosso per 151 milioni di euro, dopo tre anni di segni positivi. Analizzando le più importanti destinazioni dell'export nazionale di olio di oliva, si evidenzia un buon riscontro negli Stati Uniti (+5,6% in quantità) e in Canada, dove si è registrata una progressione sia in volume (+30%) sia in valuta (+15,5%). Di contro in Germania si è accusato un 3% in meno in valore a fronte di una sostanziale stabilità dei volumi. Bene l'export anche in Giappone (+5,9% le quantità).
In tema di nuovi Paesi clienti, risulta in drastica flessione la domanda di olio di oliva in Cina, non solo di provenienza italiana ma degli altri Paesi esportatori, mentre avanza di oltre il 30% l'export tricolore in Russia.