Produzione, ma anche crescente attenzione alla salvaguardia ambientale, al sostegno economico per le comunità rurali, all’innovazione, alla sicurezza alimentare, alle scelte informate, al benessere degli animali. Benché con un peso economico dimezzatosi in quarant’anni – da una quota del 70 per cento del bilancio europeo negli anni Settanta all’attuale 34 per cento – la Politica agricola comune (Pac) continua ad incarnare una delle tematiche comunitarie di maggiore importanza, che investe direttamente il tenore di vita e il benessere dei cittadini e la cui responsabilità è pienamente condivisa da tutti i Paesi membri dell’Unione europea.
IL PERCORSO STORICO – La politica agricola dell’Unione europea ha le sue profonde radici nel Trattato di Roma del 1957, che ha definito il quadro generale della politica agricola comune in un periodo ancora caratterizzato dai vivi ricordi delle carestie della fase bellica. I principi e i meccanismi della Politica agricola comune (Pac) sono stati, in quella occasione, definiti dai sei paesi fondatori della Comunità economica europea, Francia, Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Germania dell’Ovest.
Nel 1962 è entrata ufficialmente in vigore la Pac con l’obiettivo primario di assicurare l’autosufficienza nella produzione alimentare al continente europeo. I principi-base della Pac sono rimasti più o meno gli stessi per decenni: mercato unico, solidarietà finanziaria tra i Paesi membri, prezzi minimi garantiti per i prodotti alimentari e sussidi determinati sulla quantità prodotta.
Negli anni si sono succedute una serie di riforme, che in particolare hanno affrontato la sovrapproduzione (non senza polemiche, in particolare sul fronte del latte), ma anche gli sperperi, dal momento che negli anni Settanta la Pac è arrivata a costare a ciascun consumatore europeo circa 250 euro l’anno (stima dell’Economic History Association, EH.net), assorbendo circa i due terzi del budget comunitario, come abbiamo già visto. Inoltre, nonostante ciò, i consumatori europei erano costretti a pagare prezzi sempre più alti per i prodotti agricoli.
“Il problema principale della Pac risiedeva nel fatto che essa incoraggiava l’aumento indiscriminato della produzione – sottolinea l’economista Francesca Vantaggiato. “La produttività – continua l’esperta – era premiata con sussidi molto elevati. Ciò portò a un primo, immediato, squilibrio per il quale i produttori agricoli più grandi ricevevano la maggior parte dei sussidi, a scapito dei piccoli agricoltori che difficilmente raggiungevano soglie di produzione tali da garantirsi il sussidio europeo. Per così dire, agricoltori già ricchi si arricchirono ancora di più”.
La studiosa ricorda anche le distorsioni degli anni Ottanta: “La Cee allo stesso tempo impediva la competizione sui propri mercati, imponendo dazi cospicui sui prodotti agricoli provenienti da Paesi terzi, e distorceva la competizione sui mercati di questi stessi Paesi, proponendo prodotti a prezzi imbattibili. Questa pratica, nota come dumping, aveva l’effetto ultimo di minare alla base le già fragili economie agricole dei Paesi in via di sviluppo, impedendo ai loro prodotti di competere per lo meno sui mercati non europei. Anche per ovviare a tale pratica scorretta, negli anni Ottanta vennero imposti meccanismi di controllo della produzione. Ne sono un esempio le famose quote latte, introdotte per disincentivare la produzione di latte tramite multe per ogni litro prodotto in eccedenza alla quota prefissata dal produttore. Nel 1988 fu adottata un’altra misura volta a diminuire le eccedenze di produzione, per la quale veniva richiesto agli agricoltori di abbandonare la coltivazione di parte delle proprie terre in cambio di compensazioni pecuniarie (il cosiddetto set aside)”.
Le sempre più frequenti osservazioni da parte dell’Organizzazione mondiale del commercio sulle politiche comunitarie e il deciso allargamento dell’Unione europea a nuovi Stati hanno contribuito a determinare la prima timida riforma del commissario irlandese Ray MacSharry (periodo di applicazione 1993-1999), incentrata sulla forte riduzione dei prezzi dei prodotti agricoli e sull’introduzione di strumenti di compensazione per le perdite di reddito subite dagli agricoltori e per stimolare la protezione dell’ambiente (ma si fa largo anche il concetto di disaccoppiamento dei sussidi dalla produzione) e la più radicale riforma operata dall’austriaco Franz Fischler, la cui strategia ha visto i semi in “Agenda 2000”, il documento elaborato dalla Commissione e presentato al Parlamento europeo il 16 luglio 1997 per il rafforzamento e l’ampliamento dell’Unione europea del XXI secolo e nelle conclusioni del Consiglio europeo di Goteborg del giugno 2001.
“Agenda 2000”, periodo di applicazione 2000-2004, ha mirato a rendere l’agricoltura comunitaria più competitiva sui mercati mondiali, salvaguardando nel contempo le esigenze dei consumatori; la Commissione ha proposto il proseguimento della riforma della Pac già avviata dal piano Mac Sharry del 1992. Il documento ha posto tra gli obiettivi della politica agricola il graduale adattamento dei principali comparti alle regole del mercato mondiale attraverso una riduzione del 20 per cento dei prezzi di intervento dei cereali, tale da contenere in modo sostanziale l’aumento delle eccedenze. Interventi analoghi sono stati previsti anche per il settore lattiero-caseario.
Tra le conclusioni del vertice di Goteborg del 2001 vanno invece ricordate le strategie per lo sviluppo sostenibile, in particolare con l’aggiunta di una dimensione ambientale al processo di Lisbona per l’occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale, nonché gli orientamenti per una politica economica finalizzata a sostenere la crescita e ad incoraggiare le riforme strutturali.
Due anni dopo l’allora commissario europeo all’Agricoltura, l’austriaco Franz Fischler, presentò quella che di fatto è stata la terza riforma della Pac che includeva, tra i principali obiettivi, la separazione tra sussidi e produzione, la richiesta di standard ambientali elevati (comprendenti la sicurezza alimentare e il benessere degli animali in forma combinata per poter ricevere i sussidi), più fondi allo sviluppo rurale invece dei sussidi diretti e al mercato, tagli nei prezzi di intervento in molti settori. La nuova Pac ha rappresentato una svolta storica rispetto al passato, con la maggior parte degli aiuti agli agricoltori derivanti da aiuti diretti basati sulle dimensioni delle tenute agricole e non più sulla produzione.
Numerosi settori sensibili sono stati lasciati fuori nella riforma della Pac del 2003, compresi l’orto-frutta, il vino, lo zucchero e le banane, oggetto di radicali riforme negli anni a seguire. Le successive proposte di modifica della Pac sono contenute nel documento sul cosiddetto “Health check”, cioè un’analisi sullo stato di salute della politica agricola comune, condotta dalla Commissione europea. Proposte legislative sono state pubblicate nel maggio 2008, con novità riguardanti l'aggiornamento del regime di pagamento unico, la modulazione progressiva, il disaccoppiamento totale degli aiuti, la revisione del sistema delle quote latte, la soppressione del set aside, il rafforzamento della condizionalità e l'inserimento di quattro nuove priorità da realizzare attraverso la politica dello sviluppo rurale: cambiamenti climatici e il rispetto del protocollo di Kyoto; energie rinnovabili; gestione delle risorse idriche; biodiversità.
Il 18 novembre 2010, la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione intitolata “La Pac verso il 2020”, preceduta da una consultazione lanciata nell’aprile 2010 dal commissario Dacian Ciolos, i cui esiti hanno mostrato un diffuso malcontento riguardo ai sistemi di pagamento unico basato sul periodo di riferimento, ma concordi nel mantenere la struttura a due pilastri. Nella comunicazione si trovano elencati gli obiettivi della riforma post-2013 che risentono della “Strategia 2020” dell’Unione europea in ciò che riguarda l’efficienza energetica, la crescita sostenibile e la crescita cosiddetta inclusiva, che mira cioè a creare possibilità lavorative, in questo caso, nell’ambito dell’agricoltura.
LA NUOVA PAC – L’architettura della Pac per il periodo 2014-2020 rimane sostanzialmente la stessa, con una struttura che si regge su due pilastri, due fondi e quattro regolamenti.
Il primo pilastro include gli interventi di mercato, che interessano la stabilizzazione dei redditi degli agricoltori attraverso la gestione dei mercati agricoli e il regime dei pagamenti diretti.
Il secondo pilastro promuove la competitività delle aziende agricole e lo sviluppo rurale, con misure programmate a livello territoriale.
Anche per il periodo 2014-2020 il finanziamento della Politica agricola comune viene assicurato da due fondi:
● il Feaga, Fondo europeo agricolo di garanzia;
● il Feasr, Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.
La riforma sulla Pac si articola su quattro regolamenti di base:
● pagamenti diretti (regolamento 1307/2013);
● organizzazione comune di mercato unica (regolamento 1308/2013);
● sviluppo rurale (regolamento 1305/2013);
● regolamento orizzontale sul finanziamento, la gestione e il monitoraggio della Pac (regolamento 1306/2013).
LE RISORSE ECONOMICHE – La nuova Politica agricola comune 2014-2020 assegna all’Italia una dotazione di 52 miliardi di euro, divisi tra 41,5 miliardi di fondi europei e 10,5 miliardi nazionali, con una media annua di 7,4 miliardi. Circa 27 miliardi di euro (esattamente 26,66) sono a disposizione del nostro Paese per gli aiuti diretti del cosiddetto “Primo pilastro”, cioè i pagamenti diretti, completamente finanziati dall’Europa. Il regolamento 1307/2013 fissa questi massimali nazionali per ogni Stato membro, per l’Italia il massimale nazionale è di 3,95 miliardi di euro nel 2014 e scenderà a 3,7 miliardi di euro nel 2020.
Il Consiglio dei ministri italiano ha inoltre approvato la ripartizione delle risorse per gli aiuti accoppiati, con un budget annuo di oltre 426 milioni di euro. Tali risorse serviranno al sostegno di alcuni settori come la zootecnia da carne e da latte, con oltre 210 milioni di euro all’anno, seminativi, con circa 146 milioni di euro all’anno di cui circa 95 milioni per il piano proteico e grano duro e olivicoltura, alla quale sono destinati 70 milioni di euro all’anno.
Per le misure del cosiddetto “Secondo pilastro”, quello relativo allo sviluppo rurale, sono previsti investimenti per 20,9 miliardi di euro, stanziati per metà da fondi europei e per metà da una quota nazionale. A questi va aggiunta una quota relativa ai finanziamenti dell’Ocm, l’Organizzazione comune di mercato, di circa quattro miliardi di euro.
Tra le scelte più importanti compiute dalla nuova Pac a livello europeo, la destinazione di 80 milioni di euro all’anno alle imprese agricole condotte da giovani, con la maggiorazione del 25 per cento degli aiuti diretti per cinque anni.
La Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 20 dicembre 2013 ha pubblicato i regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio sulla nuova Pac. Nei primi mesi del 2014 sono stati adottati i regolamenti applicativi della Commissione europea, frutto di almeno quattro anni di proposte e di dibattiti. Ai regolamenti comunitari sono seguite le scelte nazionali e le prime norme attuative, tra cui, per quanto riguarda il nostro Paese, il decreto ministeriale 6513 del 18 novembre 2014, contenente le disposizioni nazionali di applicazione del regolamento (UE) 1307/2013.
Tra le novità più recenti che interessano il nostro Paese, la domanda Pac precompilata disponibile on-line da marzo 2015. I produttori, autonomamente o assistiti dai Centri di assistenza agricola (Caa), potranno dare semplice conferma dei dati pre-inseriti con un click o integrare e completare le informazioni.
“AGRICOLTORE ATTIVO” – Per beneficiare degli aiuti diretti bisogna essere agricoltori attivi, cioè avere una comprovabile e tracciata attività nel settore agricolo. Quindi essere iscritti all’Inps come coltivatori diretti, imprenditori agricoli professionali, coloni o mezzadri, o possedere la partita Iva attiva in campo agricolo con dichiarazione annuale Iva. Tale dichiarazione non è necessaria per le aziende che percepiscono un premio aziendale inferiore o uguale a 5.000 euro e le cui superfici sono in misura maggiore al 50 per cento (cioè prevalente), situate in zone montane e/o svantaggiate. Non riceveranno pagamenti diretti anche le persone fisiche o giuridiche o associazioni di persone fisiche o giuridiche, che gestiscono aeroporti, servizi ferroviari, impianti idrici, servizi immobiliari, terreni sportivi e aree ricreative permanenti. che svolgono attività di intermediazione creditizia (banche e finanziarie) o commerciale, nonché le società per azioni, le cooperative e le mutue assicurazioni che svolgono attività di assicurazione e/o di riassicurazione e alla pubblica amministrazione, ad eccezione degli enti che effettuano formazione o sperimentazione in campo agricolo.
IL PREMIO AZIENDALE – Nella nuova Pac il premio aziendale non sarà più basato soltanto sui titoli, ma sarà composto da più premi che nel loro insieme costituiranno l’aiuto aziendale.
Il premio Pac sarà quindi composto, per quanto riguarda i pagamenti diretti, da:
– pagamento di base (nuovi titoli), con massimale del 58 per cento;
– greening (30 per cento), che riguarda le pratiche agricole benefiche per il clima e per l’ambiente;
– aiuto giovani agricoltori (1 per cento).
Per quanto riguarda i pagamenti facoltativi:
– pagamento per piccoli agricoltori (10 per cento);
– pagamento supplementare primi ettari;
– pagamento per aree svantaggiate;
– pagamento aiuti accoppiati (fino al 15 per cento).
Pertanto, il valore dei nuovi titoli sarà determinato utilizzando il 58 per cento del budget annuale disponibile, inferiore a quello della vecchia Pac, ma compensato dal greening.
I TITOLI – Il numero dei titoli sarà pari al numero di ettari ammissibili indicati nella Domanda 2015 per i seguenti utilizzi: seminativi; colture permanenti (agrumeti, frutteti, frutta a guscio, oliveti, vigneti, ecc.); prati e pascoli permanenti.
L’assegnazione dei nuovi titoli avverrà il 15 maggio 2015 e sarà unica. Negli anni successivi l’agricoltore potrà avere titoli attraverso due modalità, cioè per assegnazione dalla riserva nazionale (in qualunque anno) o per trasferimento (affitto o compravendita di titoli, che potrà avvenire soltanto tra agricoltori attivi tranne in caso di successione effettiva o anticipata.
IL GREENING (O “PAGAMENTO VERDE”) – Si tratta di una tipologia di pagamento obbligatoria per gli Stati membri e che riguarda il sostegno a pratiche agricole a favore del clima e dell’ambiente. Si tratta di un aiuto elargito a tutti gli agricoltori, ma prevede impegni soltanto per le aziende con seminativo maggiore di dieci ettari, che sono obbligate ad introdurre pratiche agricole benefiche, appunto, per il clima e per l’ambiente.
Cioè debbono:
– diversificare almeno due colture entro i 15 ettari a seminativo, tre colture oltre i 30 ettari nel periodo tra il 1° aprile e il 9 giugno dell’anno di presentazione della domanda;
– mantenere prati e pascoli permanenti (non arati da almeno cinque anni);
– aree di interesse ecologico (tra queste rientrano le superfici con colture azotofissatrici, vale a dire: arachide, cece, cicerchia, erba medica e luppolina, fagiolo, fagiolo dall’occhio, fagiolo d’Egitto, fagiolo di Lima, fava, favino e favetta, fieno greco, ginestrino, liquirizia, lupinella, lupino, moco, pisello, sulla, trifogli, soia, veccia, veccia villosa). Chi non supera i dieci ettari non deve sottostare ad alcun obbligo (ciò, ovviamente, favorisce le aziende più piccole).
L’aiuto è quindi basato sui diritti detenuti da ciascun agricoltore (greening individuale) e il premio sarà diverso per ogni lavoratore, corrispondendo indicativamente al 30 per cento dei diritti di pagamento che l’agricoltore stesso ha attivato per ogni anno.
Gli agricoltori del biologico o delle aziende che aderiscono a misure agroambientali o munite di certificazione ambientale sono considerati già in regola verso tutti gli obblighi. Esenzione dagi obblighi anche per aziende con oltre il 75 per cento della superficie a pascolo permanente, foraggera o riso.
Il valore del greening viene calcolato applicando una percentuale del 49 per cento al valore di ciascun titolo detenuto da ogni azienda: sarà quindi un aiuto diverso per ciascun imprenditore agricolo.
Sanzioni: per gli anni 2016 e 2017 non è prevista alcuna sanzione, ma comunque il ritiro del pagamento greening; per il 2018 una sanzione del 20 per cento; per gli anni dal 2019 in poi è prevista una sanzione del 25 per cento.
I GIOVANI – Per i “giovani agricoltori”, cioè persone fisiche che si insediano per la prima volta in un’azienda agricola come capi dell’azienda, o già insediati nei cinque anni che precedono la prima presentazione di una domanda e che non abbiano più di 40 anni d’età nell’anno della presentazione della domanda, si prevede di destinare il massimo consentito, pari al 2 per cento del plafond nazionale, attraverso un meccanismo che attinge sia alle risorse specifiche (1 per cento), sia alla riserva nazionale (massimo 1 per cento), per evitare di trovarsi con risorse inutilizzate. E’ un premio annuale calcolato al 25 per cento del valore medio dei diritti all’aiuto, di proprietà o in affitto, detenuti dall’agricoltore.
GLI AIUTI ACCOPPIATI – Vengono riconosciuti a quegli agricoltori che coltivano o allevano specifiche colture o razze, a determinate condizioni e regole. E’ obbligatorio che il produttore presenti una Domanda unica con un minino di tre Uba (Unità di bovino adulta), per i premi legati alla zootecnia, o con minimo 5.000 metri quadrati di superficie se invece intendessero richiedere premi legati al terreno/coltura. Il plafond è stato fissato nell’11 per cento del totale nazionale degli aiuti. Per il 2015 e 2016 corrisponde di media a 426,8 milioni di euro all’anno (210,5 milioni per la zootecnia, 146,3 milioni per i seminativi, 70 milioni per le colture permanenti-olivo). Per le proteaginose e il frumento duro, il premio viene concesso soltanto a quattro regioni italiane: Toscana, Umbria, Marche e Lazio. In Umbria, viene corrisposto solo il premio a quei coltivatori che aderiscono a sistemi di qualità (Dop). Per il 2017 è prevista la revisione dell’intero impianto del sostegno accoppiato a seguito della valutazione d’impatto.
I PICCOLI AGRICOLTORI – Chi non ha titoli nel 2015, di proprietà o in affitto, con un importo compreso tra 500 e 1.250 euro, può aderire al “Regime di piccoli agricoltori”, presentando domanda entro il 15 settembre 2015. L’azienda, per essere ammessa, deve avere una superficie minima superiore a 5.000 metri quadrati.
IL RUOLO DELLE REGIONI – L’accordo tra le Regioni e il ministero delle Politiche agricole sulle scelte nazionali del Primo pilastro della Pac 2014-2020 è stato raggiunto a giugno scorso. L’Unione europea, aderendo alla richiesta di una maggiore flessibilità nazionale, ha infatti demandato a ciascuno dei 28 Paesi membri alcune decisioni importanti.
Da ciò, ad esempio, è scaturita la definizione di “agricoltore attivo”, una conditio sine qua non per beneficiare dei pagamenti diretti e dei finanziamenti dello Sviluppo rurale. Tra questi, come abbiamo visto, quelli con meno di 40 anni beneficeranno di un pagamento aggiuntivo, mentre i grandi percettori vedranno ridursi del 50 per cento i pagamenti annuali oltre i 150 mila euro e del 100 per cento oltre i 500 mila euro, al netto di stipendi e salari pagati. Esclusi dagli aiuti Pac i terreni di banche, assicurazioni ed enti pubblici.
La seconda decisione riguarda le modalità della “convergenza” dei pagamenti diretti tra chi attualmente percepisce cifre ad ettaro molto elevate e chi invece percepisce cifre basse o addirittura nulla.
“L’accordo tra Regioni e Mipaaf – ha ricordato Tiberio Rabboni, assessore all’Agricoltura dell’Emilia-Romagna fino a novembre 2014 – ha scelto la strada della gradualità: entro il 2019 nessun agricoltore riceverà meno del 60 per cento del valore medio nazionale e tutte le superfici, comprese quelle frutticole, viticole e a pascolo riceveranno pagamenti. Contemporaneamente, chi percepisce titoli di valore più alto della media nazionale non subirà tagli superiori al 30 per cento. Inoltre il calcolo del greening, che vale il 30 per cento dell’importo ad ettaro, sarà individuale e rapportato al valore del pagamento di base della singola azienda. Infine, l’accordo disciplina i cosiddetti aiuti accoppiati. L’Unione europea ha dato ai singoli Stati la possibilità di prelevare dai pagamenti diretti fino al 15 per cento del budget per interventi a sostegno di produzioni ‘in difficoltà o a rischio di declino’. L’accordo prevede un prelievo dell’11 per cento che finanzierà con 210 milioni di euro all’anno la zootecnia da latte e da carne, con 146 alcune colture seminative, con 70 l’olivicoltura”.
In Italia le produzioni in difficoltà o a rischio di declino sono sicuramente la zootecnia da latte e da carne, il riso, le colture proteiche ma, anche, la barbabietola da zucchero, il pomodoro da industria e la frutta sciroppata, che si confrontano con produzioni europee concorrenti dai costi inferiori e, in diversi casi, oggetto di futuri aiuti accoppiati.