Il 2020 sarà un anno consacrato alle ristrettezze. Niente scuola, ristoranti chiusi, lockdown per 4 mesi. È evidente che lo strascico sarà anche economico. L’export tornerà a risalire: verso quota 510 miliardi nel 2023 (+9,3% nel 2021 e +5,1% in media nel biennio successivo). Atteso anche un importante rimbalzo in tutti i principali mercati (in particolare nelle aree Paesi avanzati, Asia e Europa Orientale e Csi) con importanti opportunità nei settori di specializzazione del made in Italy.
Occorrerà ripartire superando le avversità della pandemia, oltre le chiusure protezionistiche e le tensioni geopolitiche che hanno segnato gli ultimi anni. Questo l’auspicio per una ripresa delle esportazioni italiane post lockdown lanciato con “Open (again)”, l’ultimo Rapporto Export di Sace.
In un contesto d’inedita avversità, le esportazioni italiane sono attese in forte contrazione per quest’anno con un -11,3%. Si tratta del ritmo di crescita dell’export più basso dal 2009 e che riporterà le esportazioni italiane intorno ai 422 miliardi di euro, un livello di poco superiore a quello registrato nel 2016. Nonostante la severità dello shock, Sace prevede una ripresa relativamente rapida già dal 2021 per le esportazioni italiane (+9,3%), caratterizzata anche da una componente di “rimbalzo statistico”, con una crescita media nei due anni successivi del 5,1%: un ritmo non trascurabile se si confronta con il 3% medio annuo registrato tra il 2012 e il 2019 e che permetterà alle nostre vendite di beni all’estero di raggiungere quota 510 miliardi di euro alla fine dell’orizzonte di previsione.
Secondo queste previsioni, nel 2021 le esportazioni italiane di beni arriveranno al 97% circa del valore segnato nel 2019, un recupero pressoché totale dopo la caduta nel 2020. La ripartenza presenterà un certo grado di eterogeneità, tanto per aree geografiche quanto per settori.
Europa avanzata e Nord America – che insieme rappresentano oltre il 60% delle vendite estere italiane – subiranno quest’anno la contrazione più marcata e un rimbalzo che, seppur rilevante, non permetterà di superare i livelli pre-crisi prima del 2022. Tra i settori a maggior potenziale: farmaceutica e alimentari e bevande negli Stati Uniti; apparecchiature mediche in Germania; energie rinnovabili nel Nord Europa.
Reattivo l’export italiano di beni verso l’Europa emergente e l’area Csi dove, grazie anche a una flessione relativamente contenuta nell’anno in corso (-8,1%), le nostre vendite riusciranno a raggiungere e finanche a superare i livelli del 2019 già l’anno prossimo. Ripresa più celere per il nostro export verso l’area Medio Oriente e Nord Africa – nonostante il calo del prezzo del petrolio – con un recupero pressoché totale già dal prossimo anno (+9,5%).
Nonostante lo shock, si prevede un ritorno alla crescita per i Paesi asiatici già nel 2021, e un aumento dell’export italiano verso l’area del 9%. Le imprese possono puntare su settori come salute e farmaceutico in Cina; food processing in India; energie rinnovabili in Thailandia; e alimentari e bevande in Giappone. In America Latina, nel 2020 le esportazioni verso le sei più grandi economie caleranno in media dell’8,2% ma nel 2021 è prevista una ripresa media del 7,5%. Si segnalano life science in Brasile; infrastrutture in Messico; trasformazione alimentare in Cile; agribusiness in Perù; energie rinnovabili in Colombia.
L’Africa Subsahariana segnerà un arretramento nel 2020 che non risparmierà alcun settore a parte quello dei mezzi di trasporto. Data l’elevata incertezza sull’evoluzione dell’emergenza sanitaria, lo Studio di Sace simula anche due scenari di previsione alternativi. Il primo considera l’eventualità che venga istituito un nuovo lockdown globale nei primi mesi del 2021, mentre il secondo ipotizza che le restrizioni all’attività economica e le misure di distanziamento sociale siano allentate in maniera più lenta e graduale rispetto allo scenario base.
In entrambi gli scenari si accentuerebbe il crollo dell’export italiano, che nel 2020 segnerebbe rispettivamente -12% e -21,2. Il 2021 non sarebbe più un anno di “rimbalzo”, ma vedrebbe una crescita ancora negativa nel primo e soltanto lievemente positiva nel secondo scenario alternativo, lasciando il pieno recupero dei valori esportati nel 2019, in entrambi gli scenari, concretizzarsi non prima del 2023.
Una novità è l’approfondimento a cura del Politecnico di Milano che mette in luce le potenzialità ancora da sfruttare dei canali digitali, e-commerce in primis. I 3 paesi in cui l’e-commerce genera i maggiori valori in assoluto sono Usa, Giappone e Cina; mentre i leader del digitale in Europa sono Regno Unito, Francia e Germania. L’Italia si colloca in una posizione di ritardo e, sebbene l’e-commerce continui a presentare da anni tassi di crescita a doppia cifra, l’export italiano viaggia ancora prevalentemente su canali tradizionali.
Stando ai dati raccolti dall’Osservatorio Export Digitale del Politecnico di Milano, nel 2019 l’export italiano online di prodotti per consumatori finali in modo diretto o intermediato è aumentato del 15% e ha raggiunto un valore complessivo di 11,8 miliardi di euro, con l’industria della moda come principale settore di riferimento. Nello stesso anno, l’export digitale tra imprese ha rappresentato il 28% dell’export complessivo e ha fatto registrare un valore totale di 134 miliardi di euro, con i flussi maggiori nella filiera automobilistica.