L’Italia rischia di perdere un patrimonio millenario, fatto di tradizioni, di identità e di una sapiente gestione di un territorio spesso difficile, pianeggiante solo per il 18% del totale. L’Italia sta perdendo la partita della Sardegna, isola da cui, per altro, partì il moto di unione nazionale dell’800.
La vocazione pastorale sarda è a rischio da decenni ma oggi gli eroici custodi di un’identità antichissima soffrono come non mai. Paradossalmente, quella che in qualunque luogo del mondo sarebbe vista (e considerata) come un’opera meritoria di conservazione dell’ambiente, di produzione di cibo in maniera sostenibile, di applicazione di un criterio estensivo dell’allevamento, di cura della superficie in maniera totalmente bio, viene sopraffatta dalle lobby e da aziende molto meno eco-friendly del nord. Ma anche da una politica miope che penalizza chi, invece, dovrebbe essere premiato. Siamo al paradosso; mentre Bruxelles si sta incamminando sulla strada di una maggiore premialità per chi pratica allevamento estensivo, la politica nazionale sbugiarda quest’impostazione e va incontro alle stalle del nord, quelle che praticano il metodo intensivo. La Sardegna è stata storicamente penalizzata nella redistribuzione degli aiuti; vogliamo interrompere questo ciclo sfavorevole e chiedere di slegare gli aiuti diretti della Pac da un criterio di assegnazione che si basa su criteri meramente storici in favore di un dato comportamentale, che invece premierebbe l’operato dei tanti pastori e dei produttori agricoli dell’isola, attenti al territorio perché in esso stesso si identificano totalmente. Chiediamo con forza che si rispettino le regole, che si faccia come in Francia ed in Germania, paesi lungimiranti che hanno avviato già da tempo la marcia verso una sapiente redistribuzione degli aiuti della Pac. Il paradosso sta in questo; alcune zone del Veneto ricevono ancora gli aiuti per il tabacco quando di tabacco lì non se ne vede più da anni. Il criterio storico è fuorviante e umilia il territorio; non a caso l’Europa ha previsto il disaccoppiamento fin dal lontano 2003. Ma in Italia, ancora, facciamo finta di niente. Bruxelles lo sa e da tempo sta chiedendo all’Italia di fare più in fretta. Bruxelles chiama ma Roma non risponde.
Pastorizia sarda, patrimonio nazionale
La pastorizia sarda vale il 50% degli ovi – caprini nazionali, parliamo dunque di 3 milioni di capi nell’isola. Troppo esigue le somme degli aiuti europei e regionali destinati alla nobile attività. In particolare, la prima problematica che come Unione Coltivatori Italiani chiediamo al Ministro Patuanelli di affrontare è quella degli eco-schemi; una nuova componente dei pagamenti diretti, che richiedono impegni ambientali aggiuntivi alla condizionalità. Essi sono erogati sotto forma di un pagamento annuale addizionale al pagamento di base (sul modello dell'attuale greening) ammissibile rispettando gli impegni specifici. Ma l’eco-schema 1 a livello 2 è dedicato “agli allevamenti che si impegnano al rispetto di obblighi specifici nel benessere animale e che svolgono per l’intero ciclo, o una parte di esso, pascolamento o allevamento brado”. L’allevamento sardo, l’unico in Italia a rispettare questi criteri, non è menzionato e quindi è escluso da questa forma di sostegno.
Ad oggi, si prevede un intervento solo ad un livello minimo (livello 1 – esso prevede il rispetto di soglie di impiego del farmaco veterinario, cioè antibiotici, definite rispetto ad un valore di mediana regionale, calcolato annualmente per le diverse tipologie zootecniche ammissibili al pagamento). Ciò che ne deriva è parte del problema; l’eco-schema 1 con un importo di euro 60/UBA è decisamente troppo poco per garantire un sostegno al reddito di imprese che lavorano in condizioni svantaggiate, molto spesso in territori marginali, senza elettricità ed in un contesto di arretratezza infrastrutturale, dove spesso è anche difficile arrivare. E d’altro canto la stessa politica impedisce di far rientrare la pastorizia sarda nel livello 2 in quanto richiede l’adesione al sistema di certificazione SQNBA e lo svolgimento dell’intero ciclo o di una parte di esso al pascolo, ove rientrano solo bovini e suini, quando da millenni capre e pecore sarde sono gestite in maniera bio e circolare.
Uci chiede di valutare urgentemente un sostegno ulteriore con fondi Feasr aggiuntivi a quelli del sostegno diretto volontario dell’eco-schema, così come sarebbe necessario prevedere una premialità aggiuntiva nei bandi dello sviluppo rurale per il settore ovicaprino e nella filiera di trasformazione per sostenere a 360° il settore intero. Bruxelles stessa ha chiesto a Roma di modificare la strategia del Psn ma al momento non ci risulta nessuna decisione in merito.
Siamo operativi dal 1966 e conosciamo le dinamiche della terra. La cosa giusta da fare è premiare chi più si impegna, chi lascia un ambiente migliore di quello che ha trovato, in ultima istanza è doveroso premiare i territori. E non possiamo continuare con la spiacevole dicotomia tra regioni del nord e del sud. Non è ammissibile sapere che in Lombardia, grazie a criteri storici, le aziende possono vantare titoli da 2.000€ ed in Sardegna si va avanti con titoli che valgono molto meno pur in un contesto ben diverso, come abbiamo descritto. È chiaramente una questione che parte da lontano, ma sappiamo quello che ci serve; occorre un riequilibrio tra titoli. È certamente difficile trovarlo, e per giunta in un lasso di tempo breve, pertanto chiediamo alla Politica di cercare una convergenza tra regioni e territori, ma serve decisamente uno sforzo per equilibrare le condizioni e poter vedere un Paese flate rate, quale regione unica almeno per il sostegno di base (income support for sustaibility, ISS).
Pastorizia sarda, le richieste dell'Uci
Chiediamo, inoltre, in favore delle aziende sarde ed in generale di quelle di piccole dimensioni, un cambio di paradigma; la politica deve mettere questi soggetti al centro della prossima politica agricola per poter erogare nei loro confronti un sostegno certo, con relative modifiche al Psn in modo tale che si riesca a raggiungere l’obiettivo di:
- aumentare la quantità di risorse verso il pagamento complementare redistributivo (complementary redistributive income for support sustainibility, CRISS) previsto per le imprese dalle dimensioni contenute rispetto ad aziende di grandi dimensioni, oggi al 10% (il minimo necessario indicato), e portarlo così al 20% per favorire la permanenza nei territori e la crescita del reddito di tali imprese, riducendo di alcuni punti percentuali gli altri componenti dei pagamenti;
- inserire nei piani regionali una maggiore premialità nei criteri di selezione dei nuovi bandi nel settore agricolo (insediamento giovani, investimenti, donne, soggetti svantaggiati).
Risulta poi del tutto evidente che occorre rafforzare la filiera del latte sia a livello regionale che di Paese, dando valore in un’equa distribuzione agli allevatori, ai produttori primari ed evitando i c.d. contratti spot. Crediamo che questo debba essere obiettivo primario di tutte le future politiche regionali e nazionali, a partire da oggi. Chiediamo massima attenzione e grande sforzo su questo punto.
Ci sembra positivo quanto portato avanti dal Ministero con i contratti di filiera, o di recente con il decreto di “Intervento a favore di alcuni comparti del settore zootecnico ed aiuti eccezionali di adattamento per i danni indiretti subiti in seguito all’aggressione della Russia contro l’Ucraina”, ma in tema PAC dobbiamo fare molto di più. Occorre rivedere il Piano strategico nazionale per ridare maggiore dignità agli impegni ed agli sforzi degli allevatori sardi, custodi delle tradizioni ma anche capaci di innovare, se sostenuti nei loro obiettivi.
Siamo in una situazione di non ritorno e noi, l’Unione Coltivatori Italiani, vogliamo certamente fare il massimo per sostenere la pastorizia sarda, vero patrimonio nazionale.