L’avvio della seconda edizione è fissato al 10 marzo 2017 con un ampio seminario dedicato all’evoluzione dei crimini agroalimentari e all’impatto socio-economico delle agromafie in Italia. Il giorno seguente sarà la volta del workshop sul governo e la legislazione nazionale e sovranazionale dei sistemi alimentari.
E’ la due-giorni con cui si aprirà il corso universitario di “Esperto in legalità agroambientale” istituito dall’Osservatorio dell’Appennino Meridionale, il polo di ricerca con sede nel campus universitario di Fisciano, che l’anno scorso è stato salutato tra le iniziative didattiche più significative dell’intero panorama nazionale. Di certo un’esperienza assolutamente innovativa, perchè nuova era la prospettiva socio-culturale fondante: non più la sola tutela dell’ambiente, né l’altra, separata, della qualità agro-ambientale, ma l’idea della “legalità” come elemento unificante. Ecco dunque che dalle aule di ateneo è partito lo sprone ad una visione d’insieme delle dimensioni agricola ed ecologia, promuovendo il rispetto delle regole quale garanzia di tutela del cittadino, del consumatore, delle generazioni presenti e future. E, soprattutto, la presa di coscienza di una parte, piccola ma intraprendente e lungimirante, della comunità scientifica che oggi ricorre la necessità di professionalizzare al meglio gli attori della policy agro-ambientale centrale e locale.
L’edizione passata è stata apprezzatissima e ha visto convergere presso l’aula delle conferenze dell’Osservatorio numerosi rappresentanti del mondo istituzionale e figure tra le più rappresentative dei settori agricolo e ambientale italiani. Quel che si ripeterà anche quest’anno, ma con una grande novità: a dispetto dei 50 posti riservati da apposito bando pubblico per la frequentazione del corso, sono giunte all’Osservatorio centinaia di domande, al punto da indurre la commissione giudicatrice a decretare l’allargamento del numero dei partecipanti: si è così giunti alla incredibile quota di 180 frequentatori, alcuni dei quali di cittadinanza straniera. Di certo, poche Facoltà riuscirebbero ad eguagliare questa cifra per un loro corso.
Ideatore e anima del corso, di cui è co-direttore scientifico, Luigi Cerciello Renna, che arriva ai nastri di partenza del suo corso a pochi giorni dal premio “Telesio d’argento” conferitogli in Calabria per l’elevato spessore culturale e professionale e per il multiforme impegno a favore della legalità agroambientale. Per l’occasione “Agricoltura Moderna”, il magazine dell'Uci, ha raggiunto il giurista, che presiede il centro studi e ricerche “AgriEthos”, per rivolgergli alcune domande.
- Dottore, come giustifica un tale boom di domande per partecipare ad un corso, quello da lei diretto, che affronta in chiave tecnico-giuridica il tema, nuovo per le aule universitarie, della legalità agroambientale?
Un numero così alto di frequentatori è fatto importante che sicuramente mi inorgoglisce, in quanto certifica la bontà dell’iniziativa cui insieme alla governance dell’Osservatorio abbiamo voluto fortemente dare vita. Nel contempo, è un segnale straordinario del cambio di fronte epocale cui assistiamo da qualche anno: la sensibilità della gente verso le questioni ambientali è sì cresciuta, ma rimanendo a lungo confinata al livello della protesta di piazza o della maggiore attenzione verso quel che arreca danno alla propria vita. Ora, invece, si assiste al diffondersi della presa di coscienza del bisogno che individui e comunità acquisiscano saperi e competenze.
- Quale è, secondo lei, la reale causa dei frequenti corto-circuiti sociali che si sono avuti in relazione alle questioni ambientali, più o meno gravi, più o meno note, che hanno colpito o attanagliano diverse aree italiane?
Sul punto ho un’opinione che espongo da tempo. Tutti puntano il dito contro il deficit di partecipazione popolare ai processi decisionali. In realtà, ricorre una criticità di pari se non addirittura maggiore virulenza. Esiste nel Paese, a mio avviso, un grave gap a livello di comunicazione pubblica del rischio. Da sempre le istituzioni scientifiche si ritengono responsabili di quel che diramano o pubblicano ma non di quello che i cittadini comprendono. E questo ha allargato negli anni il solco che separa il decisore pubblico dalle collettività, acuendo le tensioni. Occorre prendere atto che esiste oggi una tale fame sociale di trasparenza in fatto di dati ambientali che le attuali risposte fornite dalla macchina pubblica non valgono a fronteggiare.
- Quale elemnto a suo avviso, tra quelli che accomunano agricoltura e ambiente, merita maggiore approfondimento? Su quali aspetti si concentrerà di più il suo corso universitario?
In primo luogo, la suscettibilità di impattare oltremodo su salute e vita privata delle persone. E, poi, la elevata attrattività per gli interessi delle organizzazioni malavitose.