Stime di produzione della campagna 2023/2024 sulla scia di quella precedente, e questa non è una buona notizia. Si prevede che la produzione di olio d’oliva dell’UE diminuirà del 39% a quasi 1,4 milioni di tonnellate, il livello più basso dalla campagna 1994/95. Mentre in Grecia la produzione dovrebbe riprendersi raggiungendo le 340.000 tonnellate, il vero problema comincia a essere in Spagna, poiché si prevede che la produzione diminuirà fortemente del 56% a 663.000 tonnellate, a causa dell’impatto negativo della siccità sulle rese delle olive.
Una situazione esplosiva per il primo produttore al mondo di olio di oliva, che già in quest’ultimo anno aveva quasi dimezzato la produzione, rispetto alle 1,48 milioni di tonnellate del 2021/2022. Non meno preoccupante il panorama italiano dove il calo si dovrebbe attestare intorno al 27% con 241.000 tonnellate. Nei paesi extra UE la produzione è prevista stabile a 1,1 milioni di tonnellate, con un calo in Tunisia (del 25% a 180.000 tonnellate) e in Marocco (del 22% a 156.000 tonnellate).
Sul versante prezzi il confronto è impietoso. In un anno il prezzo è raddoppiato. Le cause sono da identificarsi con l’aumento delle temperature e della mancanza di precipitazioni in Spagna, il più grande produttore mondiale, così come in Italia e Portogallo.
La ricerca italiana sugli olivi geneticamente modificati
Tenta di farsi strada l’idea che si possa ovviare alla mancanza di prodotto naturale con una produzione derivante da olivi ogm. Un tentativo di studio era stato portato avanti anche da noi. Risale a giugno 2012, quindi alla notte dei tempi, l’ultima notizia su un’operazione di questo tipo. In quel periodo, l’esecuzione di un’ordinanza del Ministero dell’Ambiente, spinta dalla Fondazione Diritti Genetici di Mario Capanna, mise fine a una ricerca trentennale dell’Università della Tuscia su ulivi, ciliegi e kiwi geneticamente modificati, poiché fino a poco tempo fa la sperimentazione in campo aperto degli ogm era vietata in Italia; una normativa che è cambiata proprio pochi mesi fa. In quell’occasione però si notò gli ulivi (modificati per aumentare la resistenza a malattie fungine) non avessero prodotto alcun fiore, neanche nel periodo dal 2009 al 2012, a causa di un ringiovanimento delle piante subìto durante la permanenza in vitro.