Le performance economiche del settore primario nel 2023, hanno visto un incremento del valore della produzione (+2%) attestato su circa 77 miliardi di euro, cui si è contrapposto un significativo calo in volume (-1,8%), principalmente dovuto al cattivo andamento della produzione agricola non compensato dai risultati della silvicoltura e pesca. Lo afferma la 37° edizione del rapporto “L’agricoltura italiana conta”, curato dal Crea – Centro Politiche e Bioeconomia.
Cala la produzione ma non in tutti i settori
In evidenza il calo dei volumi del vino (-17%) e della frutta (-11%). In diminuzione il florovivaismo (-4%), la produzione di olio d’oliva (-3%) e del comparto zootecnico (-1%). Annata favorevole, invece, per piante industriali (+10%), cereali (+7%) e attività secondarie (+7%), queste ultime trainate dalla costante crescita delle energie rinnovabili, della trasformazione aziendale specie dei prodotti zootecnici, dell’agriturismo e della vendita diretta. Il calo dei volumi prodotti si è accompagnato ad una riduzione dell’occupazione, con una contrazione delle Ula (-2%), determinata soprattutto dalla fuoriuscita di unità indipendenti (-4%).
Il peso complessivo del settore sul sistema economico nazionale è rimasto di poco superiore al 2% del Pil, in valori correnti, così come l’incidenza dell’intero sistema agroalimentare si mantiene salda sul 15% dell’intera economia, generando un valore complessivo di 676 miliardi di euro, con un aumento del 6% rispetto al 2022, confermando così un trend di crescita già riscontrato lo scorso anno. Tra le componenti del sistema, anche nel 2023, la più dinamica si è rilevata la ristorazione che, con una crescita del 12% circa, ha completamente recuperato il valore dei livelli pre-pandemia, grazie alla ripresa degli stili di consumo alimentari fuori casa e alla domanda turistica, in particolare straniera.
Cresce anche la spesa per i generi alimentari
L’incremento della spesa per alimentari e bevande resta il più alto degli ultimi anni (+9% rispetto al 2022), mentre i volumi registrano flessioni per buona parte dei principali prodotti agroalimentari. Gli italiani hanno dovuto modificare le proprie scelte di acquisto nel comparto alimentare, limitando la quantità o la qualità del cibo: a farne le spese sono i prodotti di fascia alta come l’olio di oliva Evo e i prosciutti Dop, ma anche i prodotti ad alto contenuto trasformativo. La domanda estera nel 2023 segna un nuovo primato per gli scambi agroalimentari dell’Italia, con le esportazioni che superano i 63 miliardi di euro (+7%) e il Made in Italy che sale a 46 miliardi di euro, con una crescita dell’8%.
Una valutazione complessiva
Il volume restituisce un quadro in chiaro scuro per il nostro agroalimentare, che soffre anche di turbolenze esogene: le nostre imprese si trovano a competere in un mercato internazionale governato da grande incertezza e i volumi produttivi si riducono per gli effetti di un clima sempre più instabile. Vi sono anche una serie di fattori endogeni che condizioneranno il prossimo futuro della nostra agricoltura.
Innanzitutto, è sempre più crescente l’interesse dei nostri agricoltori, specie donne e giovani, verso le attività collaterali a quella agricola, considerate spesso più remunerative e “rifugio” rispetto alla produzione di beni. In secondo luogo, la competizione nell’uso del suolo, sia in relazione all’espansione urbana e alle sue trasformazioni sia per il sempre maggiore interesse agli investimenti nelle energie rinnovabili, determina una valutazione attenta circa la convenienza economica nelle strategie di crescita aziendali, con possibili effetti di spiazzamento in alcune aree produttive.
Tale aspetto va anche collegato alle questioni demografiche e al livello di formazione dei nostri agricoltori. La sezione dedicata a questo tema evidenzia una forte senilizzazione delle aziende: oltre il 45% dei conduttori ha un’età superiore ai 65 anni, mentre la componente giovanile rappresenta solo il 9% del totale. L’elevata senilizzazione influisce negativamente anche sui livelli di formazione: i laureati non superano il 10% del totale, mentre quelli che hanno frequentato corsi di formazione agricola si fermano al 29% del totale. Pur in presenza di questi vincoli importanti, nella sezione sintetica dedicata al confronto Italia/UE si confermano, anche per questo 2023, gli ottimi posizionamenti del nostro Paese in seno all’economia agroalimentare dell’Unione.