Più di una volta e mezza le dimensioni del PIL globale. È il costo dei servizi eco-sistemici forniti dalla biodiversità, come l'impollinazione delle colture, la depurazione delle acque, la protezione dalle inondazioni e il sequestro del carbonio. Veri e propri servizi “offerti” dalla Natura che valgono circa 125-145.000 miliardi di dollari all'anno e che l’uomo sta letteralmente buttando via.
Secondo l’IPBES (Intergovernamental Science Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) nel suo recente rapporto “Global Biodiversity Assessment on Biodiversity and Ecosystem Services”, almeno un milione di specie viventi sono in via di estinzione nei prossimi decenni, su di una stima delle specie esistenti ritenuta intorno agli 8 milioni. Il tasso totale di estinzione delle specie è oggi a un livello che supera dalle decine alle centinaia di volte la media del livello di estinzione verificatasi negli ultimi 10 milioni di anni. È stato sin qui documentato persino il rapido declino di diverse popolazioni di insetti in alcune aree e in diversi paesi, in particolare di molte specie impollinatrici (gli studiosi ritengono valida una stima del 10% complessivo di specie di insetti minacciati globalmente di estinzione). L’intervento umano ha trasformato significativamente il 75% della superficie delle terre emerse, ha provocato impatti cumulativi per il 66% delle aree oceaniche ed ha distrutto l’85% delle zone umide. Oltre il 30% delle barriere coralline è a rischio e dal 1970 ad oggi lo stato di salute di molte popolazioni di diverse specie di vertebrati è declinato del 60%. Questo sconcertante tasso di cambiamento globale della struttura e delle dinamiche degli ecosistemi della Terra, dovuto alla nostra azione, ha avuto luogo in particolare negli ultimi 50 e non ha precedenti nella storia dell’umanità. Le cause principali sono, nell’ordine, la modificazione dei terreni e dei mari, l’utilizzo diretto delle specie viventi, il cambiamento climatico, l’inquinamento e la diffusione delle specie aliene.
È questo l’allarme lanciato nel corso dell’Aurelio Peccei Lecture 2019, tenuta da Sir Robert Watson, chimico dell’atmosfera, ex presidente dell’IPCC, e presidente fino al maggio scorso dell’IPBES, nonché una delle figure più illustri e autorevoli nel campo della lotta ai mutamenti climatici a livello internazionale. La Lecture 2019 questa mattina si è tenuta presso la nuova Aula dei Gruppi Parlamentari alla Camera dei Deputati.
Tradotto in costi: tra il 1997 e il 2011 il mondo ha perso circa 4-20.000 miliardi di dollari all'anno a causa del consumo eccessivo e scorretto del suolo e 6-11.000 miliardi di dollari l'anno per il degrado. Bisogna agire e bisogna farlo subito. Il 2020 deve essere l’anno zero per la salvaguardia della biodiversità: la 15° Conferenza delle Parti (COP 15) della Convenzione sulla diversità biologica (CBD) che si terrà a Kunming, Cina e che dovrà approvare la nuova strategia decennale per la biodiversità fino al 2030, la scadenza di alcuni target dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 approvati da tutti i paesi del mondo in sede ONU e i target fissati dell’Accordo di Parigi sul Clima, dall’altro, sono momenti fondamentali per limitare la perdita di biodiversità, e in questa corsa contro il tempo la contestuale lotta ai mutamenti climatici sarà decisiva.
Ma le promesse che i vari paesi hanno sin qui messo a disposizione per de-carbonizzare le proprie economie sono inadeguate. L’aumento della temperatura globale, secondo quanto deciso nella capitale francese nel 2015, potrebbe raggiungere il target “ideale” del 1.5 C° entro la prima metà del 2030 e di 2 C° nel 2050-2070. Ma, senza intervenire con azioni molto più decisive di quelle sin qui promesse, già oggi le previsioni al ventennio 2050-2070 parlano di un incremento di 3-4 C°.
“I cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità non possono più essere considerati questioni separate, devono essere affrontate insieme e ora”, afferma Sir Robert Watson nel corso del suo intervento. “Compromettono lo sviluppo economico, minacciano la sicurezza alimentare e delle risorse idriche e la salute umana, colpiscono principalmente i poveri e possono portare a conflitti. È essenziale che i governi, insieme al settore privato, affrontino immediatamente questa emergenza”.
La Natura offre grandi opportunità di adattamento e mitigazione ma dobbiamo smettere di ragionare ricorrendo a compromessi al ribasso. Arrestare la perdita di biodiversità e invertire la rotta per proteggere la ricchezza della vita sulla Terra che garantisce il fatto che l’umanità respira, beve e si nutre è fondamentale proprio per raggiungere la sicurezza alimentare, la riduzione della povertà e uno sviluppo più inclusivo ed equo. Occorre una politica globale che affronti tutti i fattori, diretti e indiretti, che contribuiscono alla perdita di biodiversità, riconoscendo la connessione con i cambiamenti climatici e gli altri cambiamenti globali in atto (come, ad esempio, la modificazione dei cicli dell’azoto e del fosforo), replicando e ridimensionando le politiche e i progetti di successo, trasformando i sistemi economici e finanziari, eliminando i sussidi dannosi per , l'energia, i trasporti, e l’agricoltura, incorporando il capitale naturale nel processo decisionale, fornendo incentivi per stimolare la produzione e il consumo sostenibili, avviando un processo di economia circolare interiorizzando così le esternalità che oggi penalizzano la natura e il benessere e la salute umana.
Per questo tante organizzazioni internazionali, come il WWF e il Club di Roma, stanno cercando di mobilitare governi, parlamenti, imprese, organizzazioni, cittadini per avviare dal 2020 un grande Global Deal per la Natura e la Gente (Global Deal for Nature and People) affinché tutti si impegnino concretamente a ristabilire un equilibrio tra natura e umanità, una vera e propria emergenza planetaria per tutti noi.