Mondo brassicolo nazionale in difficoltà per via dell’anidride carbonica, le famose “bollicine” che rendono frizzante la bionda bevanda. Le ripercussioni della crisi energetica si stanno avvertendo anche nel comparto della birra, con una maggiore incidenza nelle preparazioni industriali rispetto a quelle artigianali in quanto queste ultime presentano numeri decisamente più piccoli e tendono a impiegare per lo più le bollicine derivanti dal naturale processo di fermentazione. Mentre la grande industria fa ricorso al biossido di carbonio (un altro modo per chiamare l'anidride carbonica) anche per tenere l'ossigeno fuori dalla bottiglia.
I birrifici di dimensioni medie e grandi pagano le conseguenze della mancanza di materia prima, in sostanza non c'è abbastanza anidride carbonica per tutti. Manca soprattutto nella versione liquida. Chi può va avanti con i pacchi bombole, che però costano circa tre volte tanto e vengono forniti in maniera più discontinua.
Veri e propri segnali di allarme per l'industria erano già giunti dalla Germania, dove molti produttori di bevande, compresa quella alcolica a base di orzo, hanno messo in guardia rispetto alla possibilità di fallimenti a catena nella filiera. Sempre più società che operano nell'industria e che dipendono dalla disponibilità di anidride carbonica si stanno fermando o stanno riducendo la loro produzione, con conseguenze spesso drammatiche.
Come se la passano i big di settore? Già in agosto il produttore danese Carlsberg aveva messo in guardia circa un possibile stop della produzione nelle fabbriche in Polonia proprio per via della mancanza di anidride carbonica. Più in generale, la carenza di anidride carbonica sta mettendo a dura prova l'intera industria alimentare. La materia prima, infatti, non soltanto viene utilizzata per creare o aumentare le bollicine delle bevande, da quelle zuccherate alle acque minerali passando per la birra, ma viene impiegata anche per abbattere velocemente la temperature del cibo prima di surgelarlo. Se poi si considera che molte coltivazioni, come lattuga, pomodori e cetrioli, posso ricorrere all'utilizzo di anidride carbonica nei processi di concimazione, si può comprendere l'entità del problema per l'intero settore. Sta di fatto che, proprio come i produttori di acqua minerale, si stanno fermando quelli di birra. In maniera analoga, come possibile conseguenza, trovare sugli scaffali di negozi e supermercati la bevanda alcolica potrebbe diventare più difficile, senza contare che la stessa potrebbe divenire verosimilmente più cara.
All'origine del problema c'è una serie di fattori concomitanti, tra cui ricoprono un ruolo di primo piano la crisi del gas e gli strascichi della pandemia sulle catene di valore. Le principali aziende chimiche produttrici di anidride carbonica, da un po' di mesi a questa parte, hanno ridotto le attività e quindi anche le forniture alle altre imprese, principalmente per l'aumento dei prezzi dell'energia e delle altre materie prime, contribuendo così a spingere verso l'alto i costi del biossido di carbonio utilizzato per liquidi e cibo.