La Commissione europea sollecita l'Italia a migliorare la raccolta e il trattamento delle acque reflue provenienti da numerosi agglomerati di tutto il paese. Ai sensi della normativa UE, le città sono tenute a raccogliere e a trattare le acque reflue urbane in quanto le acque non trattate rappresentano un rischio per la salute dell'uomo e inquinano i laghi, i fiumi, il suolo e le acque costiere e freatiche. Secondo la legislazione dell'UE entro il 2005 doveva essere introdotto un trattamento secondario per tutte le acque reflue provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 10 000 e 15 000 e per gli scarichi in aree sensibili, quali acque dolci ed estuari, provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti compreso tra 2 000 e 10 000.
Tale scadenza era il 2000 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 15 000. Un trattamento più rigoroso doveva essere adottato entro il 1998 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 10 000 e immessi in aree sensibili e nei relativi bacini drenanti. La Commissione ritiene che in Italia 817 agglomerati, con un numero di abitanti equivalenti superiore a 2.000, non raccolgano né trattino adeguatamente le proprie acque reflue.
Tra gli agglomerati più grandi figurano Roma, Firenze, Napoli e Bari. Alcuni agglomerati non rispettano inoltre l'obbligo di applicare un trattamento più rigoroso agli scarichi in aree sensibili. Sono interessati una ventina di enti locali tra regioni e province autonome: Abruzzo, Basilicata, Bolzano, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trento, Umbria, Valle d'Aosta e Veneto.
L'Italia non rispetta inoltre l'obbligo di eliminare il fosforo e l'azoto dagli scarichi in 32 aree sensibili. Gli scambi di informazioni con l'Italia hanno confermato l'esistenza di quelle che la Commissione considera violazioni sistematiche degli obblighi UE. La Commissione ha pertanto emesso un parere motivato. Se non verranno adottate misure concrete per ovviare al più presto a tali carenze, la Commissione potrebbe adire la Corte di giustizia dell'Unione europea.