La produzione nazionale di grano duro potrebbe essere inferiore di circa il 16% rispetto al 2021. Emerge da una prima ricognizione condotta da Ismea, ai primi di luglio, quando le operazioni di raccolta sono quasi completamente terminate. La causa del crollo è dovuta al deficit idrico registrato durante la fase post semina e alle elevate temperature degli ultimi mesi.
Il calo produttivo prospettato è dovuto alla riduzione delle superfici destinate a frumento duro, in calo dell'1,4% secondo le intenzioni di semina rilevate dall’Istat, e alla contrazione delle rese per ettaro, che si collocherebbero, in media nazionale, a 2,8 tonnellate per ettaro, il minimo degli ultimi cinque anni.
In base alle informazioni raccolte, la riduzione delle rese dovrebbe interessare quasi tutti i principali areali: dalla Puglia (-25%), Sicilia (-15%) e Basilicata (-10%) alle Marche (-20%) ed Emilia-Romagna (-15%). Un calo generalizzato che dovrebbe portare la produzione nazionale a 3,4 milioni di tonnellate nella campagna 2022/23. Dal punto di vista qualitativo, secondo Ismea, "la granella dovrebbe presentare su tutto il territorio buoni standard di qualità con un contenuto proteico mediamente compreso tra 11 e 13% sulla sostanza secca".
Ma non succede solo in Italia. Deterioramento delle attese produttive anche in Francia, dovuto sempre al persistente clima caldo e siccitoso: un ulteriore problema che ha portato la Ue a rivedere nuovamente al ribasso le sue previsioni di produzione a 7 milioni di tonnellate, il 9,2% in meno su base annua.
Al contrario, le previsioni sui raccolti del Nord America, dopo il crollo della scorsa annata, indicano un recupero: le stime più aggiornate dell’Igc, l'International grain council, evidenziano per il 2022 una produzione globale di frumento duro di 32,9 milioni di tonnellate, il 7,4% in più rispetto alla pessima campagna precedente: l'effetto al rialzo è dovuto all’incremento dell’offerta canadese, stimata a oltre 6 milioni di tonnellate, dopo i 2,7 milioni dell'anno scorso, e di quella statunitense, a 2,1 milioni di tonnellate, più del doppio dello scorso anno.
Dai mercati provengono i primi segnali di distensione dei listini: le quotazioni del prodotto estero non comunitario nella terza settimana di luglio si sono attestate a 558,75 Euro a tonnellata in calo dell’1% su base settimanale e del 7,6% rispetto all’ultima settimana di giugno.
Torna tranquillo anche il grano duro, dopo le fiammate dei giorni scorsi: il frumento comunitario è rimasto stabile a 540 Euro a tonnellata nelle prime tre settimane del mese, dalle 575 Euro a tonnellata dell’ultima settimana di giugno.
Medesima dinamica settimanale si rileva anche per il prodotto nazionale, con il frumento duro fino che nella terza settimana del corrente mese risulta pari a 507,50 Euro a tonnellata sia a Bologna che Foggia, mentre nell’ultima settimana di giugno il prezzo era pari, rispettivamente, a 562,50 Euro a tonnellata e 577,50 Euro/tonnellata.
È ancora presto, secondo Ismea, per "individuare un orientamento ben definito delle quotazioni". La domanda mondiale è prevista, infatti, in crescita a 33,6 milioni di tonnellate nel 2022/23, vale a dire su livelli superiori all’offerta, dato che prelude a un’ulteriore contrazione delle scorte finali (-10,7% e 5,5 milioni di tonnellate nel 2022/23).