Il progetto NoMaH – Novel Materials for Hydrogen Storage – coordinato dall’Università della Calabria e a cui partecipano Politecnico di Torino, Politecnico di Bari, Alma Mater Studiorum di Bologna e Rina Consulting – è risultato al primo posto nella graduatoria delle proposte ammesse al finanziamento del ministero della Transizione ecologica (Mite) che riguardano l’area tematica delle “Tecnologie innovative per lo stoccaggio e il trasporto dell’idrogeno e la sua trasformazione in derivati ed e-fuels” nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza PNRR.
L’importo finanziato è pari a 3.128.012,47 euro su una dotazione complessiva del bando di 20 milioni di euro riservati agli enti di ricerca pubblici, di cui il 40 per cento riservato a quelli delle regioni del sud Italia.
Il Politecnico di Torino prende parte al team di progetto con il Dipartimento Energia DENERG, il Centro Interdipartimentale sull’energia ‘Energy Center Lab’ e il gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia DISAT coordinato dal professor Alessandro Monteverde, che si occuperà dello sviluppo di un nuovo reattore compatto per il cracking dell’ammoniaca con lo scopo di decentralizzare la produzione d’idrogeno. Per il DENERG, il professor Andrea Lanzini e il dottor Francesco Demetrio Minuto metteranno a punto lo scale-up di un sistema ibrido di stoccaggio dell’idrogeno basato su matrici solidi, e il suo potenziale di applicazione in applicazioni stazionarie civili e industriali.
La ricerca sull’idrogeno è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e di indipendenza energetica richiesta dall’attuale contesto geopolitico mondiale: l’obiettivo principale del progetto NoMaH è quello di stimolare la produzione e il consumo di idrogeno attraverso la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche per il suo stoccaggio. NoMaH intende quindi rispondere alle reali esigenze energetiche dei piccoli distretti produttivi e delle “comunità energetiche”, associazioni tra cittadini, pubbliche amministrazioni e imprese che puntano alla produzione di energia “a chilometro zero”.
Inoltre, per quanto riguarda l’idrogeno, il gap tra le tecnologie esistenti per il suo accumulo e i requisiti di sicurezza, flessibilità, compattezza e sostenibilità ambientale richiesti per il suo utilizzo è ancora enorme. Al fine di ridurlo, il progetto prevede l’adozione di un approccio multidisciplinare che, coniugando le conoscenze dei partner nel campo della scienza dei materiali e dell’ingegneria, permetterà di sviluppare nuovi materiali e dispositivi per realizzare sistemi ibridi di accumulo di piccola e media dimensione, in grado di operare in condizioni tali da rendere minimi i costi energetici e i problemi legati alla sicurezza del loro utilizzo.