Anche il nostro amato vino dovrà piegarsi al cambiamento climatico. Le terre tradizionali si faranno aride, scenderanno le precipitazioni, e si dovrà trovare rimedio. Spostare le viti a nord è una soluzione. Ma forse non è necessario arrivare a questo. Gli studi sul clima hanno evidenziato che nel prossimo futuro l’Europa meridionale diventerà troppo calda per produrre vino di qualità, ma un pool di scienziati è del parere opposto.
Gran parte della qualità dei vini prodotti viene dal terreno. Secondo questa nuova teoria cambiati i vitigni, anziché spostando la coltivazione delle viti più nord, si eviterà di perdere le caratteristiche dei terreni e l’esperienza dei vignaioli delle attuali regioni vitivinicole più importanti e vocate. Secondo Elizabeth Wolkovich, docente di biologia evolutiva ad Harvard, si potrebbe usare il Xinomavro greco o il Monastrell di origini spagnole, al posto del Pinot Nero e dello Chardonnay, gli uvaggi base di Trento DOC e Champagne.
Questi vitigni che oggi si adattano perfettamente al clima dei pendii italiani e francesi maturano velocemente in luoghi freschi e ventilati. Ma le temperature sono destinate a salire. Subentrerà la necessità di uve capaci di adattarsi ai nuovi climi. Per fortuna la scelta è molto ampia, si parla, infatti di 1.100 vitigni a disposizione solo nel continente europeo. La scienziata evidenzia che nel Nuovo Mondo si producono vini monovitigno, dagli Stati Uniti all’Australia, esistono 12 varietà di uve che occupano il 70-80% delle vigne, mentre in Cina il Cabernet Sauvignon rappresenta il 75% del totale produttivo. Conservando queste coltivazioni durante i cambiamenti climatici probabilmente il prodotto finale rimarrebbe simile.
Questo discorso non si può fare per il Vecchio Continente, nel quale si miscelano mosti e vini differenti. Le varietà di vitigni, in Europa, sono innumerevoli, e gli Stati hanno norme molto stringenti e precise in termini di disciplinari per produrre le varie DOCG, DOC o AOC. Per cui, ”la ristrettezza rema contro la resilienza, che di fronte alla minaccia del riscaldamento globale richiede di diversificare. I viticoltori devono sperimentare nuove varietà, così da poter scegliere i vitigni per la prossima generazione”.
La Wolkovich conclude affermando che: “il Vecchio Mondo ha una gran diversità di vitigni, alcuni dei quali si sono adattati a climi più caldi e tollerano meglio la siccità. Dovremmo studiarli per prepararci al cambiamento climatico“. Probabilmente il nuovo mondo del vino dovrà germogliare in vigna e affinarsi in disciplinari più elastici e capaci di preservare le tecniche della tradizione con i frutti degli studi scientifici più recenti.