Il massimo organo della giustizia amministrativa ha respinto l'appello della Provincia Autonoma di Trento contro la sentenza del TAR trentino che aveva annullato le Linee guida provinciali per la gestione degli orsi, nella parte in cui prevedevano la possibilità di derogare al regime di protezione dell'orso previsto dalle norme nazionali ed europee (direttiva Habitat) e quindi di uccidere gli esemplari identificati come problematici, senza il preventivo ricorso a metodi alternativi.
"Profondamente sbagliato – dichiarano LNDC e WWF Italia – è l'approccio tenuto dalla PAT che continua ad individuare l'orso come una specie "naturalmente pericolosa" e dannosa, pretendendo di gestirla in modo autonomo, senza coinvolgere lo Stato (come previsto dalla Costituzione), secondo un modello incentrato non sulla promozione della convivenza ma sulla risoluzione dei conflitti attraverso il ricorso a soluzioni cruente e irrimediabili, come gli abbattimenti di un numero indeterminato di esemplari, quale unica opzione attuabile nelle ipotesi di atteggiamenti dannosi. La politica di riduzione del numero di esemplari presenti sul territorio provinciale, perseguita dalla PAT non è infatti basata su elementi scientifici ma sulla percezione, non dimostrata, di una maggiore dannosità e pericolosità di questa specie nonché su una presunta ridotta accettazione sociale della presenza dei grandi carnivori".
Le linee guida prevedevano, in contrasto con quanto previsto dal "Piano d'Azione interregionale per la conservazione dell'Orso bruno sulle Alpi centro-orientali (PACOBACE)" un automatismo tra i danni causati al patrimonio o l'aggressione compiuta da un orso e l'abbattimento dell'animale, a prescindere da una valutazione oggettiva, caso per caso, della gravità dei danni economici, delle cause che hanno determinato l'aggressione e quindi della sussistenza di un pericolo concreto per l'incolumità pubblica. Il ricorso all'abbattimento veniva inoltre consentito senza valutare l'opportunità di applicazione di una misura meno afflittiva per l'animale (come la cattura – captivazione), in palese contrasto con i principi di proporzionalità e di precauzione.
In altri termini l'abbattimento dell'individuo, da rimedio estremo da utilizzare a fronte di situazioni eccezionali non prevedibili quando fonte di accertati danni gravi, era stato trasformato dalla PAT in uno strumento ordinario di intervento che poteva essere disposto anche semplicemente da un Sindaco, attraverso un forzato ricorso allo strumento della Ordinanza contingibile e urgente, senza neppure richiedere il parere di ISPRA.
Il Consiglio di Stato ha infatti rilevato che "Proprio la circostanza che (anche) un unico, isolato episodio di contatto fisico aggressione possa inverare il "danno grave" – quale presupposto per l'abbattimento dell'esemplare – senza ulteriori "verifiche" concrete se non quelle di identificazione dell'esemplare, conferma l'irragionevolezza e la sproporzione della disposizione poiché trascura la valutazione specifica del caso concreto, da condurre "contestualmente alla valutazione di ogni singolo intervento di rimozione".