Il forte rincaro delle materie prime, dei carburanti, dei concimi, dell'energia elettrica, assieme al contesto climatico particolarmente avverso (si pensi alla gelata tardiva del 2021), incidono negativamente su questo comparto alimentare.
A partire dalle nocciole, di cui l’Italia è il secondo produttore mondiale, il problema principale dell’annata in corso è un fenomeno che si sta sempre più facendo strada nella Tuscia, una delle regioni a maggiore vocazione corilicola di tutta la Penisola; sempre più corileti e terreni in vendita, sintomo di un comparto in sofferenza. Diversi produttori di nocciole, infatti, stanno valutando se proseguire o meno nel settore, anche se in alcune aree soprattutto del Nord, si stanno mettendo a dimora nuovi impianti.
Chi investe sulla nocciola ha davanti due strade: o stipulare contratti di filiera a lungo termine (si pensi al progetto Nocciola Italia di Ferrero), o investire sulla qualità e sulla trasformazione del proprio prodotto. Si tratterebbe degli unici veri assi nella manica rispetto alla concorrenza con la Turchia che copre da sola quasi il 70% della produzione mondiale.
Per quanto riguarda le noci la campagna 2022 è stata "sostanzialmente positiva", ma si registra un'acerrima concorrenza, quella californiana. Le castagne, invece, hanno visto crollare i loro prezzi (anche a causa della sovrabbondanza di prodotto e al caldo anomalo) e la campagna commerciale ha perso un mese. Gli ibridi provenienti dall'oriente sono poco apprezzati, pertanto la ricerca della genuinità dovrebbe giocare a favore di questo prodotto.
Un'inversione di tendenza nella domanda si registra sul fronte dei pinoli, penalizzati tuttavia dal calo dei prezzi e dalla forte concorrenza. Va bene, invece, il pistacchio, con buone prospettive per il Bronte Dop e per la casa del Pistacchio di Raffadali Dop. Analisi a parte andrebbe riservato alla mandorla, che ancora soffre del crollo post-pandemico della confetteria e della concorrenza di prezzo californiana.
In conclusione, dunque, il rendimento della frutta secca italiana nel 2023 dipenderà dai costi di produzione e dalle politiche di prezzo.