La tecnologia porta nuove tendenze ma i diritti non devono rimanere indietro. E’ notizia di questi giorni del contenzioso che ha dato ragione ad un’azienda di food delivery e torto ad un rider – lavoratore. Prima assemblea pubblica ieri, a Bologna, per i «gig workers» che lavorano per le piattaforme digitali di consegna di cibo a domicilio. Sono arrivati da tutta Italia con un unico obiettivo: conoscersi e fare rete per rivendicare retribuzioni dignitose e diritti, come ferie, malattia, assicurazione contro gli incidenti. Tra loro anche due dei sei fattorini del cibo a domicilio che avevano fatto causa a Foodora, contestando l’interruzione del rapporto di lavoro dopo le mobilitazioni del 2016 per ottenere un giusto trattamento economico. Mercoledì scorso il tribunale di Torino ha respinto il ricorso, il primo del genere in Italia.
Ma la sentenza non è un freno alle loro istanze. I fattorini bolognesi di pizze nei mesi scorsi si sono organizzati in un sindacato autonomo, Riders Union, che riunisce i collaboratori digitali, circa trecento, delle principali piattaforme che operano in città.
Dall’accordo, siglato da Riders Union, sindacati e amministrazione è nata la prima “Carta dei Diritti”dei ciclofattorini, un documento – il primo in Italia – che fissa i requisiti minimi, dalla sicurezza al trattamento economico, che le aziende del delivery food dovranno rispettare per poter operare in città. Chiedono copertura assicurativa totale sugli infortuni, attrezzature adeguate e manutenzione dei mezzi, una paga dignitosa per tutti, indennità in caso di maltempo.