E’ stato realizzato e presentato dalle associazioni “daSud”, “Terra! onlus” e “Terrelibere.org” il rapporto “FilieraSporca”, che ricostruisce la filiera delle arance in Italia, settore dove spesso emergono zone d’ombra a causa della gestione da parte di caporali e criminalità organizzata. Il testo è arricchito con le interviste realizzate proprio con i protagonisti e le vittime di questa triste piaga.
“Lo sfruttamento non arriva con le migrazioni e la soluzione non è contrapporre lavoro italiano e straniero. Prima che di migranti, dobbiamo parlare di lavoratori. Le divisioni favoriscono solo gli sfruttatori – si legge nel report.
E’ noto come la campagna sia, purtroppo, ancora terreno di ampio sfruttamento, specie nel Mezzogiorno. Una realtà che non coinvolge soltanto i numerosi migranti che trovano lavoro in queste realtà produttive, ma anche tanti italiani che continuano a lavorare sui campi, anche nelle mansioni più umili come ad esempio la raccolta delle olive o delle arance, subendo la restrizione dei compensi (anche 10 euro al giorno). Secondo il rapporto, sarebbero soprattutto i lavoratori dell’Est ad accontentarsi di paghe minime.
Secondo il report, i migranti non europei che lavorano nelle campagne del Sud possono essere divisi in tre categorie: i “profughi”, gli “operai” e i “napoletani”. I primi sono giunti in Italia nel 2011 durante l’emergenza Nord Africa. Da anni vivono in centri d’accoglienza, aspettando di terminare le pratiche per la richiesta di asilo e nel frattempo lavorano nei campi. Sono, in pratica, ostaggi della burocrazia italiana e dei regolamenti europei.
Gli operai, invece, lavoravano nelle fabbriche del Nord ed ora cercano nuove opportunità in agricoltura. La terza categoria è composta dagli africani che vivono nell’area di Castel Volturno e si spostano per le raccolte. Nel complesso, secondo i dati di Emergency sulla Piana di Rosarno, due migranti su tre hanno il permesso di soggiorno e dunque sono perfettamente regolari. La grande parte dei braccianti stranieri nelle campagne è formata da profughi e da cittadini europei, come bulgari e romeni.