Un problema sanitario rischia di provocare un danno irreparabile per la filiera suinicola, in particolare per la produzione di prosciutti DOP e IGP che, da Parma a Norcia, rappresentano il fiore all’occhiello del Made in Italy. La peste suina africana (Psa) potrebbe avere un impatto devastante su un settore strategico dell’agricoltura nazionale, mettendo a repentaglio anni di lavoro dedicato alla qualità delle produzioni, alla sicurezza dei consumatori e al benessere degli animali.
Le autorità competenti di Giappone e Taiwan hanno disposto il blocco dell’import di carni suine italiane e si temono ulteriori manifestazioni di ostilità commerciale. Attualmente, l’export di salumi e carni suine si attesta su 1,7 miliardi di euro (+12,2% Vs. 2020). Le principali tipologie di prodotti esportati sono prosciutti stagionati, disossati, speck, coppe e culatelli.
Le misure di bio-sicurezza degli allevamenti italiani hanno standard molto elevati, che stanno per essere ulteriormente rafforzate nelle prossime settimane, onde tutelare le aziende zootecniche ed i consumatori.
Il dato scientifico ci dice che il principale vettore di trasmissione sono gli ungulati, che danneggiano pesantemente le coltivazioni. Forse il nostro Paese avrebbe necessità di interventi specifici per difendersi dalla proliferazione dei cinghiali. I numeri dicono che a fronte di 2 mln di ungulati in circolazione, riscontriamo oltre 200 mln di danni all’agricoltura, secondo alcune stime.