In forte crescita le filiere delle noci di Romagna e delle noci bio del Delta del Po, quelle delle castagne e dei marroni dell’Appennino tosco emiliano. Le noci sono passate in un anno da 1.075 a 1.221 ettari coltivati (+13%), le nocciole salgono a 244 ettari (+165%) mentre le castagne e i marroni raggiungono i 2.334 ettari complessivi (+5,5%).
L’Emilia-Romagna, grazie alla vocazione dei propri terreni, rappresenta l’area strategica di sviluppo della nocicoltura moderna. Che è anche una filiera ecosostenibile. Da uno studio condotto nell’areale emiliano-romagnolo si evince che un ettaro di noceto evita l’emissione in atmosfera di 30 tonnellate circa di CO2 nell’arco dell’intero periodo vitale. Gli scarti della lavorazione servono per produrre energia pulita (biogas o biometano) e fertilizzanti oppure si riciclano in oggetti di design.
L’idea di coltivare noci nel Delta del Po nasce dall’esigenza di diversificare le colture in un territorio come quello della provincia di Ferrara, legato a una tradizione frutticola soprattutto pericola: un comparto che nel corso degli ultimi anni ha però subito gravi contraccolpi causati dalla cimice asiatica, dalla maculatura bruna e dalle gelate.
E forse in virtù delle tensioni geopolitiche in atto occorre diversificare le produzioni, investire in filiere orientate al mercato capaci di leggere le nuove tendenze alimentari. In futuro si potrà fare lo stesso con le castagne, nocciole e mandorle coltivate in regione, per ridurre la dipendenza dalle importazioni estere e per dare un valore alla frutta secca del territorio puntando su una filiera corta, sostenibile e circolare.