Secondo Istat, alla fine del 2019 l’economia italiana presentava una evidente situazione di stagnazione, mitigata leggermente, a inizio 2020, da alcuni segnali positivi sulla produzione industriale e il commercio estero.
Ma a partire da fine febbraio, con il dilagare dell’epidemia e i provvedimenti di contenimento decisi dal Governo, si è determinato un impatto profondo sull’economia. Inoltre, la rapida diffusione dell’epidemia a livello globale ha drasticamente ridotto gli scambi internazionali e quindi la domanda estera rivolta alle nostre imprese.
L’Istat ha messo in atto numerose attività per fornire informazioni idonee a valutare gli impatti economici del COVID-19, predisponendo e diffondendo nuove basi di dati e analisi. In particolare, è stato offerto un quadro aggiornato del numero di imprese e di occupati coinvolti dai successivi provvedimenti di lockdown, unitamente alle caratteristiche strutturali delle imprese e alla loro dimensione e risultati economici. Utilizzando questi dati, e diverse altre fonti, sono state rese disponibili le prime stime di impatto sul valore aggiunto del 2020 realizzate utilizzando le tavole input-output dell’economia italiana.
Le prime analisi hanno integrato gli aggiornamenti degli indicatori correnti, sintetizzati dalla contabilità nazionale trimestrale, che ha quantificato la caduta eccezionale del Pil italiano nel primo trimestre (-5,3% rispetto al trimestre precedente).
In questo contesto, caratterizzato anche dalla presenza di significative revisioni degli indicatori economici tradizionali, quantificare l’impatto dello shock senza precedenti che sta investendo l’economia italiana è un esercizio connotato da ampi livelli di incertezza rispetto al passato, quando la persistenza e la regolarità dei fenomeni rappresentava una solida base per il calcolo delle previsioni. Il quadro previsivo presentato va quindi interpretato come una prima sintesi dei risultati delle attività di utilizzo e interpretazione del complesso delle fonti informative disponibili e di adeguamento dei modelli previsivi, e come tale destinato a possibili revisioni nei prossimi mesi, congiuntamente all’arricchimento dell’informazione congiunturale disponibile.
In base a queste ipotesi si prevede una marcata contrazione del Pil nel 2020 (-8,3%) e una ripresa parziale nel 2021 (+4,6%). Nell’anno corrente la caduta del Pil sarà determinata prevalentemente dalla domanda interna al netto delle scorte (-7,2 punti percentuali) condizionata dalla caduta dei consumi delle famiglie e delle ISP (-8,7%) e dal crollo degli investimenti (-12,5%), a fronte di una crescita dell’1,6% della spesa delle Amministrazioni pubbliche. Anche la domanda estera netta e la variazione delle scorte sono attese fornire un contributo negativo alla crescita (rispettivamente -0,3 p.p. e -0,8 p.p.). L’evoluzione dell’occupazione, misurata in termini di ULA, è prevista evolversi in linea con il Pil, con una brusca riduzione nel 2020 (-9,3%) e una ripresa nel 2021 (+4,1%). Diversa appare la lettura della crisi del mercato del lavoro attraverso il tasso di disoccupazione, il cui andamento rifletterebbe anche la decisa ricomposizione tra disoccupati e inattivi e la riduzione del numero di ore lavorate. L’andamento del deflattore della spesa delle famiglie manterrebbe una intonazione negativa nell’anno corrente (-0,3%) per poi mostrare modesti segnali di ripresa nell’anno successivo (+0,7%).