Basta con le tasse e con la politica miope che non si rende conto come l’agricoltura, insieme all’alimentare, rappresenti uno dei pochi comparti di speranza per il nostro Paese. Oltre un migliaio di produttori hanno risposto all’appello lanciato da Copagri nazionale, la Confederazione dei produttori agricoli, partecipando ad un colorato sit-in davanti alla Camera dei deputati. Caratterizzati dai cappellini arancioni, i produttori agricoli hanno ribadito con forza il proprio dissenso sull’Imu agricola, cogliendo l’occasione della piazza romana per evidenziare le altre problematicità del settore.
“Ci rendiamo conto che il tema dell’Imu potrebbe costituire il colpo di grazia per il mondo produttivo agricolo – spiega Mario Serpillo, presidente dell’Unione coltivatori italiani e vicepresidente di Copagri, a margine della manifestazione promossa a Roma. “Per questo abbiamo deciso di manifestare tutto il nostro sdegno, la rabbia dei nostri imprenditori, dei nostri coltivatori nelle campagne e di essere qui per dare un segnale al parlamento e al governo per una situazione di grave crisi e di grande allarme”.
Gli fa eco il presidente nazionale dell’organizzazione, Franco Verrascina: “L'unica certezza della politica sono le tasse – esordisce. “Una politica miope quella degli ultimi governi, ma anche dell'attuale, che guarda solo ad un certo tipo di imprenditoria, quella che ha sempre preso senza garantire sviluppo e lavoro. L'agricoltura, insieme all'alimentare, è l'unico settore che dà speranza al nostro Paese. Lo dimostrano diversi dati economici in controtendenza con l'andamento negativo degli altri comparti. Agricoltura vuol dire cibo, quindi vita. Un settore che, guardando ad Expo, merita rispetto. Non si può continuare a tassare chi produce, mentre nulla è stato fatto per i costi della politica e sugli sprechi”. Ha quindi aggiunto che le riforme sono importanti “ma non hanno senso se calate in un Paese dove si fa chiudere chi può creare ricchezza. Sì alle riforme, ma chiediamo di riformare anche atti e comportamenti. L'Imu sa di vecchio. Non c’è un’Imu buona e una cattiva. L'Imu va sospesa per essere eliminata. E' un'imposta contro l'impresa. Ai parlamentari che hanno criticato l’Imu chiediamo atti concreti. Mi appello ai sindaci, inoltre, ricordando che anche l'attuale premier lo è stato, affinché non si facciano coinvolgere in questa operazione. Essi non sono nominati come i parlamentari ed a maggior ragione devono rendere conto a chi li elegge, agricoltori compresi”.
Forti le rappresentanze dell’organizzazione sindacale soprattutto dal centrosud. "La discussione che sta maturando dentro la commissione parlamentare sul merito del decreto legge 4/2015 è assolutamente insoddisfacente perché, al di là della proroga della scadenza dei termini del pagamento dell'esoso tributo dell’Imu senza interessi di mora, cui un emendamento fa esplicito riferimento in ragione dei contenuti dello 'statuto del contribuente' che è già legge e non permette alcuna scelta alternativa – spiega Camillo D'Amico, presidente vicario di Copagri Abruzzo – restano in piedi tutte le iniquità e contraddizioni più volte evidenziate dalla nostra organizzazione. Questa patrimoniale dell’Imu va sospesa per intero per il 2014 e profondamente rivista e riadeguata per il 2015. I numerosi ricorsi pendenti davanti al Tar del Lazio sono la manifesta dimostrazione di quanto poco normale ed equilibrata sia l'imposta almeno così com’è stata formulata e concepita. Non si possono tassare indiscriminatamente tutti i terreni agricoli siti nelle zone classificate normali, anche quelli che non producono alcun reddito per gli operatori agricoli, come i pascoli e gli incolti. È poco equo non far pagare i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali (Iap) iscritti all'Inps nelle zone 'montane e svantaggiate' e farlo fare a quelli nelle zone normali. È poco corretto che alcuni comuni pretendano il pagamento del tributo sulla coltura risultante al catasto, in luogo di quella effettivamente esercitata sul fondo agricolo, così come il discorso di esigerlo sui terreni gravati da uso civico. Noi della Copagri – conclude D'Amico – manterremo un profilo di grande attenzione verso il Parlamento per far correggere le tante storture contenute nel dl 4/2015 così come avremo cura d'informare la pubblica opinione sulle nostre iniziative e sulle proposte perché, sulla pelle degli agricoltori e dell'intero comparto, non possano ulteriormente consumarsi ingiuste iniziative tese solo a fare cassa senza alcun pensiero alla manutenzione del territorio ed alla fornitura di cibo ed alimenti di qualità".
Sulla stessa linea Simone Rosati, vicepresidente Copagri del Lazio e responsabile di Viterbo: “E’ arrivato il momento di prendere una decisione se rimanere al fianco dell’agricoltura, futuro per le prossime generazioni, o distruggerla per agevolare le grandi lobby. L’Imu colpisce le aziende agricole a partire dai fabbricati e dai beni strumentali, ovvero tutto quanto, terra compresa, è imprescindibile per svolgere l’ordinaria attività di impresa. Le aziende agricole, che già vivono una situazione insostenibile, fatta di ricavi che non coprono più l’insieme dei costi produttivi e degli oneri tributari cui devono far fronte, si vedono aumentare le tasse in corso d’opera, senza potersi difendere”.
Rosati cita alcuni recenti esempi, come il fatto che al settore è stata ridotta del 23 per cento la quota dei consumi medi di gasolio o cancellata la deduzione del costo del lavoro agricolo a tempo determinato dalla base imponibile Irap, prevista con la legge di stabilità, o ancora che nella clausola di salvaguardia della legge di stabilità è previsto l’aumento delle accise del carburante agricolo e dell’Iva.
“Sono nuovi aggravi – continua Rosati – che fanno il paio con l’Imu, sulla quale, peraltro, non manca la grande confusione dopo la nota con la quale l’Istat dichiara di non avere fornito alcun dato per la classificazione delle zone montane, parzialmente tali o per nulla interessate, che invece si rifà ad una legge del 1952. Nessun aggiornamento, dunque, è stato apportato. Noi della Copagri manifestiamo nei confronti di una tassa che è contro l’impresa, sottolineando la leggerezza e la superficialità di un provvedimento creato solo nella logica di fare cassa, senza prima realizzare una concreta revisione della spesa laddove è possibile, e i margini sono vasti. Un consiglio che diamo al governo, se vuole fare cassa, è quello di sopprimere le sanzioni per gli omessi o ritardati pagamenti contributivi, attivando un piano di ammortamento decennale per il rientro delle esposizioni in essere, pagamento della sorte capitale con l’applicazione dei soli interessi. Nel caso in questione il problema non va ricercato nelle Esattorie in quanto, le sanzioni sono applicate dal governo nazionale da norme molto penalizzanti, legge 689/1981 e 388/2000. Per questo motivo – conclude Simone Rosati – con la nostra manifestazione dobbiamo ricordare le priorità e intendiamo continuare a farci sentire fino a quando non otterremo il giusto riconoscimento per gli agricoltori ”.
Tanti i produttori pugliesi, che hanno voluto ricordare anche il dramma causato soprattutto agli ulivi dal batterio killer della Xylella fastidiosa, causa del disseccamento rapido delle piante.
“Manifestiamo a Roma non solo per l’Imu, che riteniamo una tassa ingiusta, perché in un momento così particolare del nostro Paese, un momento di recessione senza precedenti, una decisione come il pagamento dell'Imu sui terreni agricoli colpisce tutti i cittadini che trovano nell'agricoltura, l'unica fonte di sostentamento – spiega Fabio Ingrosso, vicepresidente vicario di Copagri Puglia. “Ma siamo qui anche per un altro problema che grava sui nostri terreni: la fastidiosissima Xylella, che fa destare sempre maggiore preoccupazione specie tra gli agricoltori salentini”.
Anche la Copagri della Basilicata dice no all’Imu sui terreni agricoli. “Riteniamo fortemente ingiusto gravare di ulteriori balzelli le aziende del nostro territorio che sono già in difficoltà e che, nonostante tutto, operano in difesa del territorio e contro il dissesto idrogeologico – incalza il presidente regionale della Copagri, Nicola Minichino, in riferimento agli effetti sul territorio lucano del decreto legge con il quale il 23 gennaio 2015 il Consiglio dei ministri ha stabilito che siano esenti dal pagamento dell'Imu i terreni agricoli, situati in comuni classificati montani nell’elenco dell'Istat (già previsto ai fini Ici) sulla base dell’altitudine riportata e diversificando, eventualmente, tra terreni posseduti da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola e gli altri. In pratica, continueranno a non pagare l’Imu solo i possessori di terreni che si trovano in comuni ad oltre 600 metri sul livello del mare o in centri con un’altitudine compresa fra i 281 e i 600 metri, solo se posseduti da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola. Per tutti gli altri terreni agricoli, ricadenti in comuni aventi un’altitudine non superiore a 280 metri, si dovrà, invece, pagare l’intero importo del tributo.
“Questo è il colpo di grazia per l’agricoltura lucana – evidenzia il presidente Minichino. “Come se non fossero già sufficienti le alluvioni devastanti, le grandinate e tutte le varie problematiche che interessano la nostra agricoltura che è in piena crisi. Già tanti terreni vengono sempre più abbandonati per l’impossibilità, soprattutto da parte di conduttori sempre più avanti in età, di tenere fronte a tutte le necessità oltre che alle varie e sempre più continue richieste di pagamenti. Un fatto questo che non giova, per di più, a un territorio instabile e con gravi problemi idrogeologici”.
Il massimo dirigente della Confederazione lucana aggiunge quanto la sua organizzazione sia vicina “alle amministrazioni comunali nel portare avanti insieme, a tutti i livelli, questa battaglia contro una quanto mai poco opportuna tassazione perché è una patrimoniale a tutti gli effetti”.
La Copagri della Basilicata ha dunque “come unica posizione quella di chiedere l’annullamento del decreto sul pagamento dell’Imu non al solo livello istituzionale regionale, ma lo chiede direttamente al governo nazionale. È necessario che si ritorni alla classificazione dell’Istat precedente dove l’intero territorio della Basilicata veniva riconosciuto come svantaggiato e vi si era obbligati a pagare l’Ici e, pertanto, l’Imu. E questo deve anche essere l’impegno forte della Regione, di tutti i parlamentari lucani e di tutte le amministrazioni locali».
Proteste anche dalla Sardegna. “Tassare un bene di produzione è profondamente ingiusto – spiegano Ignazio Cirronis e Pietro Tandeddu di Copagri Sardegna. “Una cosa è tassare utili, altro aggravare i costi di produzione già di per sé molto alti. Attendiamo la sentenza sul merito del Tar del Lazio e nel frattempo, come consigliato dall’Anci, forse non è sbagliato non pagare. In caso di sentenza sfavorevole si può ricorrere al ‘ravvedimento operoso’ con pochi aggravi. Quella di pagare o meno è però una scelta che spetta ai produttori interessati”.
Insomma, emerge la leggerezza e la superficialità di un provvedimento creato soltanto nella logica di fare cassa, senza prima realizzare una concreta revisione della spesa laddove è possibile. E i margini sarebbero vasti.