Seguire una dieta mediterranea, o comunque un'alimentazione ricca di frutta e verdura e povera di carni trattate, apporterebbe benefici anche alla salute mentale. Infatti, secondo uno studio condotto su più di 15mila persone, la depressione potrebbe essere associata anche ad una carenza di nutrienti presenti in questi alimenti. Lo studio, guidato da un gruppo di ricercatori spagnoli, è stato pubblicato* su BioMed Central Medicine (BMC Medicine).
“Desideravamo comprendere il ruolo della nutrizione rispetto alla salute mentale, in quanto riteniamo che certi modelli alimentari potrebbero proteggere la nostra mente”, ha affermato Almudena Sanchez-Villegas, ricercatrice alla University of Las Palmas de Gran Canaria, in Spagna, che ha guidato la ricerca. “Queste diete sono associate a benefici per la salute fisica e, apprendiamo ora, anche a quella mentale”.
È risaputo che la dieta mediterranea è indicata come prevenzione di alcune malattie, compresi alcuni tipi di cancro. Già studi precedenti hanno messo in rilievo l'associazione tra alcuni modelli dietetici e la riduzione del rischio di depressione. Oggi, gli scienziati spagnoli hanno voluto approfondire questa associazione soffermandosi sulla dieta mediterranea e su altre due diete e confermando il risultato di questi studi.
Lo studio ha coinvolto un gruppo di 15.093 partecipanti, non affetti da depressione, tra cui ex studenti della University of Navarra, professionisti provenienti da varie regioni della Spagna e laureati in altre università. Tutti i volontari sono stati coinvolti all’interno del SUN (Seguimiento Universidad de Navarra) Project, uno studio di coorte partito il 21 Dicembre 1999. Questo studio ha identificato i componenti fondamentali della dieta e dello stile di vita dei partecipanti, considerando anche condizioni quali obesità, diabete e depressione.
Questionari per valutare l’assunzione dei nutrienti sono stati somministrati all’inizio dello studio e dopo 10 anni. Degli oltre 15mila partecipanti, circa 1.550 hanno ricevuto una diagnosi clinica di depressione oppure hanno assunto farmaci antidepressivi dopo un periodo medio di 8,5 dall’inizio del follow-up. In particolare, i ricercatori hanno comparato tre differenti diete: la dieta mediterranea, il ‘Pro-vegetarian Dietary Pattern’, basato sul consumo di cibi di origine vegetale e sulla riduzione degli alimenti derivati dagli animali, e la ‘Alternative Healthy Eating Index-2010’, (sigla AHEI-2010) che ha in comune diversi elementi con la dieta mediterranea (all'interno di essa vengono valutati i quantitativi di frutta, verdura, pane di grano, bevande zuccherate, grassi, alcol ed altro). L’aderenza dei partecipanti alla loro dieta è stata misurata attraverso un punteggio che rileva la qualità dell’alimentazione. I cibi contenenti grassi animali, saturi e ‘trans’ forniscono un punteggio negativo, mentre i cibi che forniscono omega-3, vitamine e minerali fornivano un punteggio positivo.
In base ai risultati dello studio, l'aderenza massima a tutte e tre le diete è risultata associata ad un ridotto rischio di depressione nel gruppo di adulti spagnoli; inoltre, la dieta ‘Alternative Healthy Eating Index-2010’ (AHEI-2010) sembra essere collegata alla maggiore riduzione del rischio di depressione, tuttavia la gran parte di questo effetto può essere riferito anche alla dieta mediterranea, che è molto simile alla AHEI-2010, spiegano i ricercatori.
I benefici sono associati alle proprietà nutrizionali di alcuni alimenti, presenti sia nella dieta mediterranea che nella AHEI-2010: in particolare “noci, legumi, frutta e verdura (fonti di acidi grassi omega-3, vitamine e minerali) potrebbero ridurre il rischio di depressione”, spiega la ricercatrice Almudena Sanchez-Villegas. Questo ridotto rischio risulta inoltre associato ad una buona aderenza alla AHEI-2010.
“Un effetto-soglia può esistere. Una differenza evidente si manifesta quando i partecipanti iniziano a seguire una dieta più sana. Anche un’aderenza moderata a questi modelli alimentari sani è stata associata ad una importante riduzione del rischio di sviluppare la depressione. Tuttavia, non abbiamo verificato la presenza di un beneficio ulteriore nel caso in cui l’aderenza alle diete da parte dei partecipanti risultava alta o altissima”, prosegue la ricercatrice. “Quindi, una volta che la soglia è raggiunta, si raggiunge un livello di ‘plateau’ anche se i partecipanti sono stati più severi con la loro dieta e si alimentano in maniera ancora più sana. Questo modello di risposta basato sulla dose risulta compatibile con l’ipotesi che un’assunzione di nutrienti inferiore al livello ottimale (principalmente individuati quando i livelli di aderenza sono bassi) può rappresentare un fattore di rischio per la depressione nel futuro”.
I ricercatori rimarcano che “un limite di questo studio consiste nel fatto che i risultati sono basati su una dieta alimentare dichiarata dal soggetto e da una diagnosi clinica auto-dichiarata della depressione. I ricercatori spiegano che sono necessarie ulteriori ricerche ” per studiare il ruolo dell’assunzione di sostanze nutritive rispetto ai bisogni neurofisiologici e di identificare quale componente, tra i minerali, le vitamine, le proteine o icarboidrati che è associato alla depressione”.