Possiamo ora dire ufficialmente che abbiamo due settimane per invertire la rotta e salvare il clima. La speranza di adottare misure efficaci nella lotta contro i cambiamenti climatici sono riposte nella Cop 26, iniziata a Glasgow, in Scozia, con termine per il 12 novembre. A sei anni dal raggiungimento dell’Accordo di Parigi al termine della Cop 21, il mondo è ancora una volta chiamato a tentare di rendere operativi gli obiettivi fissati nel 2015 in Francia.
La Cop 26 rappresenta l’ultima speranza, ha dichiarato il presidente Alok Sharma. “I cambiamenti climatici – ha poi aggiunto – presentano indicatori in rosso. Se non agiamo ora e insieme, non potremo proteggere il nostro prezioso Pianeta”.
“L’umanità è di fronte a delle scelte difficili ma chiare – gli ha fatto eco Patricia Espinosa, segretaria esecutiva dell’Unfccc, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che organizza la Cop 26 -. Possiamo riconoscere che continuare come fatto finora non è ragionevole, visto il prezzo devastante che dovremo pagare e perciò decidere di attuare la transizione necessaria. Oppure possiamo accettare di essere complici della nostra estinzione”.
Rinviata di un anno a causa della pandemia, la Cop 26 si apre in un contesto geopolitico decisamente diverso rispetto a quello che si respirava alla Cop 21 di Parigi. Le relazioni tra Regno Unito e Stati Uniti da una parte, e Cina e Russia dall’altra, sono più tese. I presidenti Xi Jinping e Putin, non dovrebbero neppure presentarsi alla Cop 26 di Glasgow. “A nostro favore – ha aggiunto Sharma – c’è il fatto che abbiamo una coscienza alla quel rispondere”.
I negoziati preliminari svoltosi nello scorso mese di giugno, avevano mostrato ancora una volta grandi difficoltà nel trovare un accordo internazionale (come confermato d’altra parte dal G20 che si è tenuto a Roma il 30 e il 31 ottobre). “Non posso dire che ci siano stati grandi passi in avanti”, aveva ammesso la stessa Patricia Espinosa. “È necessario – aveva aggiunto – ottenere delle indicazioni a livello politico”. Senza dimenticare la frattura tra nord e sud del mondo: con alcune nazioni – a partire dai piccoli stati insulari del Pacifico, estremamente vulnerabili di fronte ai cambiamenti climatici – che potrebbero non essere neppure in grado di raggiungere Glasgow a causa di difficoltà logistiche e restrizioni legate al coronavirus.
“Le perdite devastanti in termini di vite e mezzi di sussistenza dovute quest’anno a fenomeni meteorologici estremi – ha risposto su questo punto Patricia Espinosa – mostrano quanto sia stato importante convocare la Cop 26 malgrado i problemi legati alla pandemia. Il mondo va verso un aumento della temperatura media globale di 2,7 gradi, mentre dovremmo rimanere a 1,5. È chiaro che siamo in una situazione di crisi e di emergenza, ed è chiaro che dobbiamo fronteggiarla. Così come è chiaro che dobbiamo aiutare i più vulnerabili a farlo”.
A Glasgow ciò che si attende dai governi è dunque, prima di tutto, credibilità. Occorre rendere concreti gli impegni legati ai trasferimenti di denaro dai paesi ricchi a quelli più poveri per consentire a questi ultimi di adattarsi ai cambiamenti climatici: 100 miliardi di dollari all’anno che furono promessi per la prima volta alla Cop 15 di Copenaghen, nel 2009, e che da allora non sono mai stati stanziati per intero.
Tornerà ancora una volta sul tavolo, poi, l’articolo 6 dell’Accordo di Parigi. Ovvero le regole che occorre introdurre per regolamentare un sistema di scambio di quote di emissioni di CO2. Si tratta di un elemento sul quale i governi non sono mai riusciti a trovare un intesa, tanto che di fronte all’impossibilità di trovare un compromesso tra le nazioni, tutto è stato rimandato alla Cop 22 di Marrakech, poi alla Cop 23 di Bonn, quindi alla Cop 24 di Katowice e infine alla Cop 25 di Madrid. Senza mai riuscire a trovare un punto d’incontro.
Infine, occorre adottare un calendario condiviso per permettere di fare il punto sugli obiettivi fissati e i risultati raggiunti. E scegliere metodologie per riportare tali dati in modo uniforme e trasparente. In questo senso, un meccanismo di valutazione dovrebbe essere introdotto già nel 2023. Anche in questo senso, ne va della credibilità stessa dell’Accordo di Parigi e delle nazioni che l’hanno ratificato.