Sono almeno 25 anni che in Danimarca si sperimentano metodi di agricoltura “biologica”, che hanno permesso in quasi 10 anni di aumentare la produzione di cibo organic del 200%.Numeri che sono frutto di una politica lungimirante racchiusa nel Økologiplan Danmark, il piano di “azione organica”. Un progetto ambizioso, da imitare per aver messo in campo un piano di conversione sistematico e integrato, in cui tutte le parti coinvolte marciano verso la stessa meta. 67 punti che delineano precisamente, in primo luogo, gli incentivi per la trasformazione dei campi dove si pratica ancora l’agricoltura convenzionale in campi in cui si usano metodi biodinamici.
Tutti i terreni di proprietà pubblica verranno cioè coltivati in modo “naturale”. I privati che lo vorranno riceveranno, invece, sussidi. Stesso trattamento vale per l’allevamento e la pesca. Naturalmente il piano contiene anche sostegni alla ricerca e misure di semplificazione legislativa, in modo da rendere più snelle le pratiche burocratiche e amministrative legate a questo ambito.
Sono state anche previste strategie commerciali per incentivare la vendita di prodotti bio stimolandone la domanda e, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, programmi nelle scuole per avvicinare i giovani a un consumo più responsabile e consapevole. A subire una piccola rivoluzione saranno poi anche le mense. Da quelle scolastiche a quelle degli ospedali passando per tutte quelle legate alle attività pubbliche. 800 mila pasti al giorno che secondo il Governo danese dovranno diventare sempre più bio, visto che l’obiettivo è quello di servire almeno il 60% di piatti.
Il marchio biologico nazionale del paese festeggia 25 anni di attività, con una riconoscibilità da parte dei consumatori superiore al 90%. Un record che lo rende uno dei più antichi marchi biologici al mondo. A tutto questo si legano poi le politiche per ridurre lo spreco di cibo, calato del 25% nel corso di 5 anni.
L’agricoltura biologica non significa solo cibo migliore e più salute. Può anche offrire un contributo significativo nella lotta al riscaldamento globale e al raggiungimento degli obiettivi fissati alla Cop21 di Parigi. Grazie all’attività fotosintetica delle piante presenti sulle colture, sui prati e sui pascoli, il biologico può avere un ruolo significativo nelle strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici; secondo il Rodale Institute l’agricoltura bio usa il 45% in meno di energia rispetto a quella convenzionale e fa un uso più efficiente dell’energia. I sistemi agricoli convenzionali producono il 40% in più di gas serra; i suoli bio hanno una funzione di carbon sink, che è mediamente quantificabile in 0,5 tonnellate per ettaro l’anno. In questo senso l’agricoltura biologica offre agli agricoltori opzioni significative sia nelle politiche di mitigazione sia di adattamento ai cambiamenti climatici.