Sono ben oltre 5mila gli agriturismi costretti a chiudere nelle aree classificate di gravità massima o elevata (le celebri “zone rosse”) in base al rischio contagio da coronavirus. Emerge con forza da una recente analisi sulle conseguenze della situazione sanitaria nelle campagne italiche.
Nelle aree rosse sono sospese tutte le attività di ristorazione e quindi, anche la somministrazione di pasti e bevande da parte degli agriturismi. E’ stato un colpo pesantissimo, inflitto a più di 1 azienda agrituristica su 5, che ha portato alla cancellazione di oltre 140mila posti a tavola. Nelle zone rosse e arancioni è, infatti, consentita la sola consegna a domicilio nonché fino alle ore 22 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle vicinanze dei locali.
Oltre la metà (57%) degli agriturismi costretti alla serrata si trova fra Lombardia e Piemonte e il resto fra Puglia, Calabria, Sicilia e Valle d’Aosta. Forti limitazioni ci sono però anche in quella parte del territorio nazionale fuori dalle due fasce più critiche dove le attività di ristorazione sono consentite solo dalle ore 5,00 alle 18,00 con la possibilità della consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 della ristorazione con asporto. E’ ovvio che per la gran parte delle aziende, che si trovano lontano dai centri urbani, la pausa pranzo non è sufficiente per garantire la copertura dei costi.
Strutture di campagna colpite duramente, quindi, perché difficile fare pausa pranzo o chiedere delivery ad una struttura che si trova fuori mano, al di fuori dei centri urbani come è l’agriturismo. Che paradossalmente è anche quella più sicura, in cui le distanze si misurano in ettari e non in metri.