Avviati i lavori della COP 27, in Egitto. La crisi climatica è l’oggetto degli incontri; si tratta di un problema certamente globale ma che insiste in modo diverso nelle differenti aree. Quest’anno è stato aperto, in seno alla conferenza, il Padiglione del Mediterraneo poiché esso vive criticità particolari che hanno urgenza di essere rappresentate.
La prima e più urgente è costituita dal fatto che l’area del Mediterraneo si scalda ad una velocità superiore del 20 per cento alla media globale, è dunque il mare che si surriscalda di più, creando conseguenze inquietanti. Due dati su tutti: entro 15 anni 250 milioni di persone vivranno in scarsità d’acqua e il mare si innalzerà di 20 cm. Questo non significa “solo” che è a rischio la laguna di Venezia, ma anche che l’acqua salata sterilizzerà larga parte dell’agricoltura costiera, che rappresenta il 40 per cento di quella mediterranea. In Italia è conosciuto come fenomeno della salinizzazione del Po, ma la stessa cosa sta avvenendo nel delta del Nilo. La sussistenza alimentare è dunque seriamente a rischio in Paesi estremamente popolosi e già al limite della sussistenza alimentare.
Clima e geopolitica, le implicazioni
La fragilità non è solo dell’ecosistema del mare nostrum. Ci sono implicazioni e conseguenze geopolitiche. Il cambiamento climatico rischia di compromettere irreparabilmente l’equilibrio di interessi che ci tiene uniti come comunità millenaria. Ad esempio, l’anticiclone delle Azzorre, che regola le nostre estati, viene spinto sempre più lontano dagli anticicloni africani che portano siccità nel sud dividendo il continente in due. Ed ecco le conseguenze politiche: gli interessi dell’Europa si biforcano, generando conseguenze tangibili: come i maggiori investimenti della Nato al nord o l’apertura di nuove rotte nordiche di navigazione potenzialmente capaci di sottrarre al Mare Nostrum il suo traffico marittimo (25 per cento di quello mondiale) o di togliere valore al Canale di Suez.
Ovvie le implicazioni sul fenomeno delle migrazioni, con milioni di persone costrette a spostarsi verso nord.
Cambiamento climatico, quale futuro ci attende
Il messaggio che giungere da Sharm è, tuttavia, di speranza. Nonostante la difficoltà del momento, le incertezze e le varie crisi che si stanno sovrapponendo, il Mediterraneo deve puntare sulle diversità che racchiude e che collega. Per ottenere neutralità climatica al 2050 il nord Europa avrà bisogno del sole del sud, e il sud delle risorse del nord. Con un meridione sempre più caldo l’esperienza agricola e il patrimonio fitogenico del nord Africa sarà vitale per produrre cibo in Europa.
Sta nascendo cioè una nuova “economia integrata” che assorbe e valorizza le tante asimmetrie. Lavorare insieme diventa allora una soluzione per la crisi, ma anche una preziosa strada per costruire la pace.