Si è chiusa la COP 24, con un giorno di ritardo. I rappresentanti di 196 Stati hanno evitato un insuccesso che sarebbe stato clamoroso. Alla fine hanno partorito un testo di 156 pagine che definisce gli strumenti di monitoraggio con cui i paesi misureranno la progressiva riduzione delle emissioni di carbonio, il sostegno da dare ai paesi poveri per mitigare le conseguenze del cambiamento climatico già in atto e per avviare misure di transizione energetica, e i meccanismi di controllo della situazione globale.
Nata con un obiettivo piuttosto tecnico, questa COP si è caricata di un forte aspetto politico, dovuto all’allarme crescente suscitato dal rapporto degli scienziati dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) che ha constatato un aumento più veloce del previsto della temperatura del pianeta, e al fatto che Stati Uniti, Russia, Arabia Saudita e Kuwait hanno unito le forze per impedire che la conferenza accogliesse pienamente i risultati dell'IPCC. L'Australia si è unita agli Stati Uniti nella celebrazione del carbone, e il Brasile ha segnalato il suo scetticismo climatico.
Le aspettative sui risultati erano in generale molto più alte e possiamo concludere dicendo che la conferenza è stata un fiasco.A questo punto occorre fare pressione su tutti i Governi affinché si mettano immediatamente al lavoro per rispettare almeno gli impegni assunti a Katowice, con la speranza che questo possa creare condizioni migliori per gli accordi che si dovranno raggiungere alla prossima COP (che si terrà nel novembre 2019 in Cile, mentre Milano è candidata ad ospitare l’edizione 2020 della COP26).
Ma risulta altresì fondamentale, viene detto dagli ambientalisti, che i cittadini, le imprese, la società civile, siano sempre più protagoniste della transizione verso un modello di economia decarbonizzata.