Gli indici delle vendite alimentari al dettaglio indicano, sui dodici mesi, un +0,6% in valore e 0,5% in volume. Si tratta di dati che non autorizzano ad essere ottimisti, e che indicano una quota dei consumi domestici intorno ai 162 miliardi, con una crescita marginale sui 160 miliardi del 2017, frutto essenzialmente all’effetto prezzi. La ristorazione è andata molto meglio, passando dagli 83 miliardi raggiunti nel 2017, agli 87 miliardi del 2018. Ne uscirebbe così un aumento in valuta corrente prossimo al +5% e, in valori costanti, al +3%.
“La grande fascia dei consumi alimentari che sostiene il mercato, fatta eccezione per alcuni segmenti specifici di prodotto, continua ad essere quella rappresentata dal “fuori casa” e dalla ristorazione”. dice Luigi Scordamaglia, numero uno di Filiera Italia. Il fenomeno ha consentito ai consumi alimentari 2018 del Paese di avvicinarsi alla quota complessiva di 250 miliardi di euro. Un fenomeno che ha anche un aspetto sociale: la predilezione, infatti, per il “fuori casa” da parte dei consumatori italiani, in un periodo economico non facile, sottolinea la costante crescita culturale che accompagna il cibo e l’enogastronomia del Paese. Così anche all’estero dove la cultura del cibo sta crescendo, nei mercati maturi e in quelli emergenti, in parallelo con l’evoluzione socio-economica che li caratterizza.
Un buon auspicio anche per l’export agroalimentare italiano che in questo inizio d’anno sembra aver ritrovato una prima importante crescita rispetto al 2018, seppure in un contesto internazionale piuttosto difficile.