Gli italiani continuano a tagliare i consumi alimentari, riducendo non solo la quantità, ma anche la qualità dei generi alimentari acquistati. E’ una tendenza che accompagna la crisi e che trova conferma in diverse ricerche sulla spesa delle famiglie, anche se con percentuali diverse. Il Censis, ad esempio, con l’indagine “Gli effetti della crisi: spendo meno, mangio meglio”, attesta che sei italiani su dieci avrebbero ridotto gli acquisti alimentari, per un totale di 15,4 milioni di famiglie costrette a tirare ulteriormente la cinghia negli ultimi due anni. Nel dettaglio, oltre 12,3 milioni di famiglie avrebbero deciso di ridimensionare gli sprechi nei propri consumi alimentari (48,1%), mentre 3,1 milioni avrebbero tagliato i consumi essenziali (12,3%). Consumi invariati per poco più di una famiglia su tre. Meno rilevante la caduta dei consumi alimentari per l’Istat. Secondo l’Istituto nazionale di statistica, la spesa per alimentari sarebbe passata da 468 a 461 euro tra il 2012 e il 2013, quindi con un calo abbastanza contenuto, anche se la rinuncia maggiore riguarderebbe la carne (meno 3,2 per cento). In linea generale, però, la spesa media mensile per famiglia sarebbe scesa del 2,5 per cento nel giro di un anno, dal 2012 al 2013, anche se gli alimentari avrebbero retto bene rispetto ad altri settori. Indicativi però i dati sulla “qualità” della spesa: nel 2013 sarebbe aumentata la quota di famiglie che ha ridotto la qualità o la quantità dei generi alimentari acquistati (dal 62,3 al 65 per cento) e che si rivolge all'hard discount (dal 12,3 al 14,4 per cento).
Secondo l’Istat, il Trentino-Alto Adige, in particolare la provincia di Bolzano, è la regione con la spesa media mensile più elevata (2.968 euro), seguita dalla Lombardia (2.774 euro). Fanalino di coda, anche nel 2013, la Sicilia, con una spesa media mensile di 1.580 euro (circa 1.400 euro inferiore a quella del Trentino-Alto Adige). Un’altra ricerca, effettuata dall’Ipsos per Actionaid (“Verso l’Expo: gli italiani e gli sprechi alimentari, a casa e nelle mense scolastiche”), evidenzia però un dato più virtuoso: il taglio degli sprechi alimentari. L’indagine mette in luce che più della metà del campione intervistato (54 per cento) pone maggiore attenzione, rispetto a due anni fa, per evitare che un alimento finisca in pattumiera. Un italiano su due, almeno secondo il rapporto Ipsos, preferisce rifornirsi presso piccoli produttori locali e a “chilometri zero”. Tuttavia le scelte premiano una promozione (29 per cento) o di un prezzo più basso rispetto ad altri cibi (24 per cento). Ad indurre gli italiani ad una maggiore attenzione al proprio stile di consumo alimentare c’è innanzitutto la crisi (51 per cento), ma anche il senso di colpa (29 per cento) nei confronti di quelle persone che, anche nel nostro Paese ormai, non hanno di che alimentarsi. Un italiano su quattro, infatti, è cosciente che il 13 per cento delle famiglie dichiara di non potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni, che un terzo della produzione mondiale di cibo viene sprecato (47 per cento), e che per ogni persona che non ha da mangiare al mondo ce ne sono due obese o in sovrappeso (26 per cento), ma uno tre 3 non ha ancora alcuna idea dell’impatto che gli attuali sistemi di agricoltura hanno sull’ambiente e sui consumi di combustibile per la produzione, mentre circa un quarto ritiene di esserne al corrente.
“I governi dovrebbero svolgere un ruolo importante nel garantire che gli investimenti siano davvero responsabili, ovvero tutelino i diritti dei contadini proibendo gli accaparramenti di terra su larga scala, il cosiddetto land grabbing contro cui ActionAid si batte, da parte di aziende estere dell’agro-business che con le loro attività danneggiano l’ambiente, lo sviluppo rurale e l’accesso alle risorse naturali – sottolinea Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid Italia. “Anche le politiche di aiuto pubblico allo sviluppo dovrebbero orientarsi in questo senso anziché, come dimostra la nuova alleanza per la sicurezza alimentare e la nutrizione lanciata dai G8 nel 2012, puntare prevalentemente sul settore privato multinazionale per investire nell’agricoltura africana.”
“Ci ha fatto molto piacere constatare una nuova consapevolezza dei nostri concittadini rispetto al proprio ruolo nevralgico di consumatori finali in una filiera strategica come quella del cibo – prosegue Marco De Ponte. “È fondamentale che riconoscano il peso specifico individuale in quelle dinamiche che partono dal proprio territorio ma assumono una valenza globale”.
Altro fenomeno collegato ai consumi alimentari è la crescita del numero degli italiani che fanno la spesa sul web. Secondo una recente indagine del Censis, sarebbero 8,1 milioni. Il rapporto evidenzia come la spesa alimentare in Rete cresca in controtendenza a quella crisi che sta invece provocando un calo nei consumi. Una tendenza in costante ascesa, anche in prospettiva, se si considera che quasi un terzo di coloro che scelgono la Rete per comperare prodotti alimentari ha un’età compresa tra 18 e 34 anni (2,4 milioni di persone). Tra i prodotti enogastronomici più gettonati dagli acquirenti on-line primeggiano vini, pasta e formaggi, seguiti da marmellate e confetture, salumi, dolci e olio extravergine d’oliva. Interessante anche il dato riguardante il giro d’affari relativo al consumo dei prodotti biologici, curato da Nomisma per BolognaFiere.
L’ultimo, presentato a Sana 2014 e relativo all’anno di consumo 2012, conferma anche qui una controtendenza: più sette per cento rispetto al 2011. In Italia il valore delle vendite di alimenti biologici ha superato i due miliardi di euro, dimostrando di non risentire della crisi economica in atto. Anche il dato europeo è in salute: 21,8 miliardi di euro di valore delle vendite nell’Unione Europea (Ue-28), fonte Bund Ökologische Lebensmittelwirtschaft, 2014. Un accenno anche alla differenziazione dei cibi. Con la quota di cittadini stranieri ormai verso il 10 per cento (oltre 5,3 milioni di persone), ma anche a causa della globalizzazione, le abitudini alimentari del nostro Paese sono in via di trasformazione e di diversificazione. Si stanno diffondendo in ogni regione italiana e soprattutto tra le ultime generazioni, nuovi comportamenti a tavola, spesso decisamente alternativi a quelli tradizionali. Tra gli alimenti che stanno conquistando mercato si segnalano il kebab, il sushi, il cous cous, la bistecca argentina e il jamon iberico.