Il dato emerge dall’analisi sulla base dell’Indice prezzi della Fao ad ottobre. Ad aumentare rispetto allo stesso periodo dello scorso anno i prodotti dell’allevamento come la carne (+5,7%) e quelli lattiero caseari (+15,3%) poiché utilizzano cereali per l’alimentazione.
Nel nostro Paese, per via dell’aumento esponenziale dei costi, quasi una stalla su dieci (9%) è in una situazione così critica da portare alla chiusura, con rischi per l’ambiente, l’economia e l’occupazione ma anche per la sopravvivenza del patrimonio agroalimentare Made in Italy, a partire dai suoi formaggi più tipici. A strozzare gli allevatori italiani è una esplosione delle spese di produzione in media del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte.
Allevamento in montagna, situazione ancora più critica
Particolarmente drammatica la situazione delle stalle di montagna, dove il caro bollette sta costringendo aziende a chiudere ed abbattere gli animali, con un calo stimato della produzione di latte del 15% che impatta sulla produzione dei formaggi di alpeggio. Ma a rischio c’è l’intero patrimonio caseario tricolore con 580 specialità casearie tra 55 Dop (Denominazione di origine controllata) e 525 formaggi tipici censiti dalle Regioni che ha regalato all’Italia la leadership a livello europeo davanti alla Francia.
La chiusura di un’azienda zootecnica significa che non riaprirà mai più, con la perdita degli animali e del loro patrimonio genetico custodito e valorizzato da generazioni di allevatori.