Sono stati appena presentati i risultati conclusivi del 7° Censimento generale dell’agricoltura, la cui raccolta dati si è svolta dal 7 gennaio al 30 luglio 2021, raggiungendo un importante risultato in termini di copertura. La rilevazione è stata costruita secondo un approccio innovativo, per ridurre al minimo l’impegno richiesto ai rispondenti. I questionari sono stati somministrati solo in versione digitale, e agli intervistati è stata data la possibilità di usare più canali per rispondere.
Il censimento dell’agricoltura permette di scattare una istantanea accurata e dettagliata di un settore strategico anche per il PNRR. La restituzione tempestiva dei dati, per la quale Istat si è impegnata, metterà a disposizione degli stakeholder informazioni essenziali per le politiche e per le scelte, soprattutto nella prospettiva del contrasto ai numerosi fattori critici e nell’indirizzo della piena ripresa del Paese.
Il 7° Censimento generale dell’agricoltura rappresenta l’ultimo censimento dell’agricoltura che verrà svolto secondo la metodologia tradizionale (ossia con cadenza decennale). Ad esso seguiranno indagini strutturali di tipo campionario, che saranno realizzate con riferimento agli anni 2023 e 2026.
Ad una prima lettura, possiamo dire che i risultati sono positivi ed abbastanza attesi. Per la prima volta, sono stati coinvolti i Centri di Assistenza Agricola (anche il CAA Agriservizi ha partecipato), una rete di circa 2.200 unità, che ha permesso di avvicinare gli intervistatori alle aziende agricole che operano sul territorio. Il 7° Censimento generale dell’agricoltura ci permette di descrivere le caratteristiche di questo articolato sistema, di ricostruirne le trasformazioni e di anticiparne punti di forza e di debolezza per il futuro.
Censimento, la struttura aziendale
Innanzitutto, l’agricoltura italiana è andata riducendosi nel numero di aziende, che però sono divenute più grandi. In 38 anni, sono scomparse 2 aziende su 3, e nello stesso tempo la loro dimensione media è più che raddoppiata: la SAU – Superficie Agricola Utilizzata – è passata da 5,1 a 11,1 ettari medi per azienda. Un bel passo in avanti, soprattutto in termini di potere contrattuale dell’azienda.
Il secondo aspetto che emerge sta nel fatto che il mondo dell’agricoltura italiana mantiene la propria impronta familiare, mentre l’intensità di manodopera si riduce. Nel 2020, in oltre il 98% delle aziende agricole si trovava manodopera familiare, anche se nella forza lavoro è stata progressivamente incorporata manodopera non familiare, che ha raggiunto 2,9 milioni, cioè il 47%. Nel 2010, data del censimento precedente, era il 24,2%, più o meno la metà. Negli stessi 10 anni, la forza lavoro complessiva ha perso il 28,8%, in termini di addetti, e il 14,4% in termini di giornate standard lavorate.
E arriviamo alla digitalizzazione; c’è ancora molto da fare. Il settore è approdato ancora solo marginalmente all’adozione di tecnologie digitali, sebbene la quota di imprese che si sono digitalizzate sia quasi quadruplicata in dieci anni, dal 3,8% nel 2010 al 15,8% nel 2020.
Come ampiamente prevedibile, sono le imprese più grandi e quelle dirette da giovani a mostrare una maggiore propensione per queste soluzioni. Laddove la leadership è esercitata da persone fino a 44 anni il tasso di digitalizzazione arriva al 32,2%; se invece i dirigenti hanno più di 65, il dato si arresta al 7,6%.
A che punto è l’innovazione tecnologica in azienda
Nel triennio 2018-2020, poco più di un’azienda agricola su dieci ha effettuato investimenti volti ad innovare una o più fasi o tecniche della produzione. Nel caso di aziende agricole guidate da persone in possesso di un diploma di istruzione secondaria ad indirizzo agrario, l’incidenza dell’innovazione è oltre il doppio (23,9%) rispetto al valore medio, e tre volte superiore quando i dirigenti hanno completato l’istruzione terziaria specializzata in materie agricole (30%). Il settore agricolo ha dimostrato un buon livello di resilienza agli effetti della pandemia. Meno di un’azienda agricola su cinque ha dichiarato di aver subito particolari conseguenze dall’emergenza sanitaria da Covid-19 (17,8%).
Agricoltura e crisi sanitaria
Le piccole aziende hanno resistito meglio alla crisi sanitaria. La dimensione aziendale ha rappresentato un fattore discriminante nella pandemia, ma in una direzione contro intuitiva: infatti si sono dimostrate più resilienti le aziende più piccole in termini di superficie agricola utilizzata (SAU), di Unità di Bestiame Adulto (UBA) o in termini di manodopera (Unità di Lavoro – ULA).
L’agricoltura italiana ed europea attraversa una fase di cambiamenti, derivati, non solo dalla concorrenza dei prodotti extracomunitari e dai cambiamenti climatici, che rendono incerte le rese di produzione, ma anche dalle conseguenze della pandemia e del conflitto in Ucraina.