Qualità, tracciabilità, innovazione, logistica, promozione. Ma anche semplificazione burocratica e capacità di creare partnership: le possibilità di ampliare il mercato delle carni, in special modo quelle suine e avicole, passano necessariamente da questi aspetti.
Se ne è parlato ad un convegno svoltosi a CremonaFiere. L’evento, dal titolo “Meat.it, le attuali opportunità nel settore della carne suina e avicola”, è stato organizzato da CremonaFiere in collaborazione con l’Associazione italiana di tecnologia alimentare (Aita).
“Gli attuali consumi degli italiani – ha spiegato nel suo intervento Claudio Truzzi di Metro – registrano un aumento dei salumi cotti e un calo di quelli crudi. Questo è dovuto agli effetti della crisi economica che di fatto ha ridotto la spesa e cambiato i consumi della clientela che però, di contro, ha aumentato la sua richiesta in termini di sicurezza e salubrità alimentare. Si tratta di aspetti che faticano a trovare un punto di convergenza, sebbene siano entrambi legittimi e degni di trovare un riscontro concreto da parte del settore produttivo”.
Questo per quanto riguarda il nostro Paese, dove la tipicità delle produzioni è comunque un fatto consolidato, che addirittura negli ultimi tempi trova nuove declinazioni nella ricerca di localismi, di produzioni ottenute in un contesto sostenibile da un punto di vista ambientale.
Diverso il discorso per l’export, dove effettivamente i margini di conquista rispetto a nuovi spazi di mercato sono oggettivamente più ampi. A patto che si crei un sistema capace di cogliere le opportunità che avanzano.
Truzzi ha infatti ricordato “che nonostante la complessità della situazione, è possibile creare le condizioni perché si centri l’obiettivo. Oggi nel mondo esistono 72mila esercizi che vendono prodotti agroalimentari made in Italy, pari a un valore di circa 30 miliardi di euro. E la richiesta è destinata ad aumentare, a patto che si risponda adeguatamente a quei criteri di sicurezza e salubrità alimentare che i Paesi esteri chiedono con grande e legittimo rigore. Ma, oltre a questo, è necessario operare per semplificare le procedure burocratiche, differenziare le produzioni, saperle comunicare e promuovere nel metodo più efficace possibile, così come bisogna lavorare ancora sulla shelf life, sulla logistica, sulla qualità e sulla tracciabilità. Dobbiamo dare più visibilità ai nostri prodotti e ridurre le contraffazioni che da sole, nel mondo, valgono oltre 60 miliardi di euro, praticamente il doppio del giro d’affari legato al commercio dei veri prodotti made in Italy”.
E tracciabilità vuol dire una sempre più efficace indagine scientifica per garantire la massima salubrità, ma anche utilizzo di sistemi innovativi come i codici a barre di ultima generazione.
Tutti aspetti che vedono impegnato il mondo scientifico e quello tecnologico ai più alti livelli. E che riportano un po’ più di equilibrio nell’acceso dibattito che si è scatenato in questi giorni dopo la pubblicazione del rapporto dell’Oms sulla pericolosità cancerogena delle carni rosse.
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