La data limite del 23 giugno è ormai prossima e l’Europa deve cominciare a fare i conti con uno scenario che rischia di cambiare vertiginosamente. Circa 60 milioni di britannici saranno chiamati a esprimersi sulla permanenza dell’Union Jack nel castello dell’Unione Europea, casa cui i sudditi di Elisabetta II non sono mai stati molto affezionati.
Dovesse prevalere la voglia di status quo non cambierebbe nulla, a parte il credito politico che, forse, Downing Street potrebbe avere come ricaduta. In caso contrario gli effetti della Brexit non sono ancora quantificabili ma saranno certamente distruttivi per il futuro dell’Unione.
E conseguenze sono previste anche in campo agricolo. Già perché la tanto “odiata” Ue elargisce parecchie sterline ai farmers britannici; sono davvero pronti a rinunciarci?
L’endorsment c’è da una parte e dall’altra. Basti pensare che un grosso calibro come Owen Paterson, riporta l'Informatore Agrario, tory ed ex ministro dell'agricoltura inglese, ha messo alla berlina, recentemente, la «goffa incompetenza» dell'UE e le sue politiche «a taglia unica». Paterson ha aggiunto che il fatto che la Gran Bretagna è un contribuente netto dell'UE per cui, in caso di fuoriuscita, potrà facilmente tirare fuori i soldi per mantenere il sostegno all'agricoltura all'attuale livello: sostanzialmente, ha usato la leva finanziaria-assistenziale, «non preoccupatevi dei soldi, ce ne saranno addirittura molti di più» ha concluso.
I sostenitori della permanenza nell'UE insistono, invece, sul fatto che lasciare Bruxelles sarebbe un salto nel buio. Phil Hogan, il commissario europeo all'agricoltura, irlandese , ha fatto presente che lasciare l'UE cancellerebbe gli oltre 3 miliardi di sterline l'anno erogate dalla PAC in Gran Bretagna: «La PAC, con tutti i suoi pregi e difetti, costituisce una stabile rete di sicurezza per gli agricoltori» ha ricordato a tutti.
Come finirà? Lo sapremo solo dopo il 23 giugno.
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