Stimolato dalla lettura di un’intervista ad un dottore agronomo sul tema del biogas e dell’attivazione di due impianti a Campomarino, in Molise, il coltivatore diretto Giorgio Scarlato di Palata (Campobasso) ci ha inviato alcune osservazioni in proposito. Esordisce: “Il settore del biogas, da sempre, ha acceso aspri dibattiti tra favorevoli e contrari ad una tecnica di produzione di gas ed energia che, se non opportunamente regolamentata, può rivoltarsi contro i suoi stessi princìpi di sostenibilità ambientale. Come ogni attività produttiva che presta il fianco a diventare la ‘gallina dalle uova d’oro’ di turno, la produzione di biogas può diventare un serio problema”.
E continua: “Cercherò di essere sintetico parlando in particolar modo del solo digestato, ossia “l’avanzo” di quanto servito per produrre energia sia elettrica che termica da una centrale a biogas. Il digestato, lo afferma la stessa Commissione europea nel suo sito, inquina; tant’è vero che ha presentato il progetto “Wavalue” (“Higth added value eco-fertilisers from anaerobic digestion effluent wastes”) di granulazione del digestato che punta a produrre (a che costi e con quali sussidi?) un fertilizzante naturale”. Qui Scarlato si pone qualche domanda: “Lo scopo, per caso, è quello di rimuovere “il collo di bottiglia” e moltiplicare le centrali a biogas in tutta Europa? – si chiede il coltivatore. Questo perché, oggi, malgrado i regolamenti vigenti, il digestato viene sparso come fertilizzante sui campi agricoli possibilmente vicini agli impianti dov’è prodotto (spostarlo oltre una certa distanza risulterebbe oltremodo costoso) e ciò causa l’inquinamento del suolo e dell’acqua: l’eutrofizzazione – continua Scarlato. “O, peggio, potrebbe contenere batteri e sostanze chimiche velenose. Senza pensare alla insostenibilità economica di detta produzione in mancanza di incentivi e certificati, all’uso dissennato dei fertilizzanti e dei fitofarmaci, al consumo spropositato di acqua, all’aumento della competizione alimentare”.
Il coltivatore diretto molisano fa poi riferimento ad un articolo del gennaio 2014 nel quale lo stesso Commissario europeo dell’Ambiente Janez Potonik, rispondendo alla interrogazione dell’eurodeputato Andrea Zanoni, membro della Commissione Envi, Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare al Parlamento europeo, sui possibili gravi effetti del digestato sui terreni agricoli, sugli animali di allevamento e quindi sulla salute dei cittadini ha specificato che “per biogas e digestati va applicata la normativa dell’Unione europea sui rifiuti”.
Sostiene l’europarlamentare Zanoni: “Fino al momento in cui non saranno a disposizione nuovi studi, il digestato va considerato come un rifiuto e come tale va trattato. Le autorità italiane devono applicare le disposizioni della normativa Ue sui rifiuti alla lettera”.
Anche il Cordis, il servizio comunitario di informazione in materia di ricerca e sviluppo, rileva che il digestato spesso viene sparso come fertilizzante sui campi agricoli vicino ai campi dove è prodotto il biogas, arrivando alla medesima conclusione: l’eutrofizzazione.
Nel novembre 2014, sono state dettate nuove regole per il digestato, approvato il decreto in Conferenza Stato-Regioni a cui hanno preso parte le Regioni, i ministeri dell’Ambiente e della Salute e le associazioni di categoria.
Lo schema di decreto prevede:
– la bipartizione del digestato in agrozootecnico ed agroindustriale e condizioni di parificazione ai concimi di origine chimica, attraverso un’esecuzione di analisi chimiche del digestato in uscita dagli impianti ed il calcolo dell’azoto tramite l’effettivo fabbisogno delle colture, così da garantire il rispetto dell’ambiente;
– Il divieto di utilizzazione agronomica del digestato in caso di immissione negli impianti di colture che provengono dai siti di bonifica;
– La flessibilità della collocazione temporale del periodo obbligatorio di 60 giorni di divieto di spandimento degli effluenti;
– L’introduzione di una graduale limitazione all’uso di colture no food alternative all’utilizzazione agricola dei terreni coltivati.
E’ andato in vigore, o andrà? Quando?
Tutto quanto detto, porta Scarlato a fare delle riflessioni:
a) Questi impianti potrebbero “drenare” i finanziamenti al vero mondo agricolo regionale?
b) Sarebbe giusto ed opportuno fare qualche convegno sul tema in modo che il cittadino sia informato, prenda coscienza, su quanto potrebbe accadere sul territorio in cui vive; sapere i pro ed i contro? Parto dai sindaci che sono, per legge, la massima autorità sanitaria del comune e quindi responsabili della salute dei loro amministrati.
c) L’impianto, in un secondo momento, potrebbe essere “direzionato” in un normale inceneritore?
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