Alla vigilia era convinzione di molti che si trattasse, in mezzo alle tante manifestazioni che scadenzano la quotidianità del Paese, di un evento come pochi altri. Tale si preannunciava il simposio dal titolo "Agricoltura, Ambiente e Salute: l'emergenza di una azione pubblica integrata" là ove si guardava al contesto di riferimento, allo spessore elevatissimo e all’importante grado di rappresentatività socio-istituzionale dei relatori, al qualificato uditorio che sarebbe stato sicuramente composto dai quasi 200 frequentatoti del corso universitario in “Esperto di Legalità Agroambientale”, nonché alla missione dello stesso appuntamento, che era quella di stimolare il dibattito popolare sulla necessità di una visione integrata delle dimensioni agricola, ambientale e sanitaria, ancora oggi latitante a livello pubblico.
E l’evento, tenutosi venerdì 31 marzo in un affollato salone polifunzionale delle residenze universitarie dell’Ateneo di Salerno, non ha tradito le aspettative.
Frequenti i botta e risposta tra i relatori e il coordinatore – e organizzatore – del simposio Luigi Cerciello Renna. Interessante l’interazione tra gli stessi relatori e la platea. E ricchi di spunti gli interventi, in collegamento via skype dagli Stati Uniti, dell’oncologo napoletano Antonio Giordano.
Tanto la d.ssa Marinella Vito, direttore tecnico dell’ARPA Campania, quanto il dr. Mauro Esposito, il Dirigente unità contaminanti ambientali dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno intervenuto, hanno riportato casi ed esperienze più significative degli ultimi anni per richiamare i propri rispettivi enti come modelli pubblici virtuosi in fatto di valutazione, controllo e risoluzione delle emergenze ambientali e sanitarie.
Dal suo canto, il dr. Bruno Gentile, dirigente sanitario consulente della Commissione regionale Speciale III “Terra dei Fuochi”, ha puntualizzato il bisogno di addivenire a nuovi paradigmi della prevenzione sanitaria, in particolare di quella primaria, facendo riferimento a quella medicina integrata della quale egli è precursore, che intende accordare centralità al paziente guardato come un intero.
Apprezzate, poi, le parole del Generale Sergio Costa, Comandante regionale Campania Carabinieri-Forestale, il quale ha innanzitutto evidenziato che è proprio dal Meridione che è partito l’impulso più forte alla nuova legge sugli eco-reati. Successivamente ha sottolineato la necessità di un giusto approccio a tali tipologie di illegalità, trattandosi di veri e propri reati d’impresa che quasi sempre, più che alla volontà di compromettere un contesto ambientale, rimandano all’intento di gestire illecitamente le attività produttive in ordine agli oneri legati allo smaltimento dei rifiuti.
Ma sono stati Luigi Cerciello Renna e Antonio Giordano a fare i mattatori di questo importante pomeriggio universitario, accomunati, i due, da grande verve e passione.
Ad un certo punto del dibattito, il primo ha preso la parola e riesumato la circostanza che nel 1976, mentre nella comunità scientifica internazionale prese corpo l’idea dominante che il cancro fosse una malattia a trasmissione genetica, venne pubblicata l’opera “Salute e ambiente in Campania” con cui il professore napoletano Giovan Giacomo Giordano si rivelò tra i primi ricercatori al mondo a intuire le relazioni tra inquinamento ambientale e malattie neoplastiche. Fu lui, tra l’altro, a parlare anzitempo dell’esposizione alle fibre di amianto, anche a livelli minimi, quale causa di mesoteliomi. Dettaglio che ha indotto Cerciello Renna, presidente del Centro Studi e Ricerche “AgriEthos”, a tratteggiare i contorni di un grave paradosso italiano: “Dai primi studi del professore Giordano ci sono voluti decenni prima che il legislatore intervenisse, finalmente nel 1992, a vietare l’utilizzo dell’amianto. E, dopo altri 25 anni dalla legge 257, oggi continuano a morire 4000 persone ogni anno e, a fronte dei 46.000 siti censiti in Italia, le bonifiche procedono assai lentamente”.
Parole che son valse come assist perfetto per Antonio Giordano, figlio di Giovan Giacomo, che è ordinario di Anatomia e Istologia Patologica presso l'Università di Siena e direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine di Philadelphia (Usa).
Lo scienziato ha evidenziato che “il modello campano, oggi tanto evocato come un esempio positivo, non nasce per meriti delle Istituzioni, ma, piuttosto, per il lavoro indipendente di uomini di scienza, per le denunce delle popolazioni locali e per l’azione della Chiesa. Ed infatti una parte della comunità scientifica ha supportato per molti anni le Istituzioni, da un lato, incoraggiando la reticenza di politici ed amministratori, dall’’altro, accrescendo gli ingenti danni già presenti nell’ambiente per lo sversamento di rifiuti tossici”.
E ha aggiunto che “l’auspicio è davvero che gli organismi pubblici rivelino con chiarezza e trasparenza i dati ambientali e sanitari”.
Giordano ha poi asserito, tra le tante espressioni di consenso in mezzo alla platea che lo ascoltava, che “è grazie alla ricerca indipendente, all’informazione libera, alle legittime rivendicazioni della cittadinanza attiva e responsabile e all’opera delle istituzioni ecclesiastiche che si è avuta la spinta decisiva verso i livelli di allerta e controllo odierni”.
“E’ proprio così – gli ha fatto eco Cerciello Renna – e non posso che sottolineare come l’indipendenza e l’assenza di conflitti di interessi in capo a scienziati e ricercatori siano il crocevia delle azioni di salvaguardia di ambiente e salute”.
Il giurista ha concluso con una riflessione mista a provocazione di grande impatto: “Un mese fa il procuratore regionale della Corte dei Conti ha lanciato un forte monito: troppi sono gli enti in Campania. Ora, in primo luogo, come non pensare alla dimensione agro-ambientale, viste le 20 comunità montane, gli 11 enti parchi, gli 11 consorzi di bonifica e le tante articolazioni regionali, provinciali e comunali di settore? In non pochi casi, poi, abbiamo sovrapposizioni statutarie, regolamentari e operative. Ciò detto, è sì giusto quel che dice il magistrato contabile quando afferma che la frammentazione delle competenze è causa della moltiplicazione dei costi e della difficoltà di addebitare determinate condotte. Ma non penso che si debba confinare la riflessione alla sola gestione delle risorse pubbliche, perché l'esistenza di tanti enti non ha l’unico effetto di aggravare le casse erariali. Vista la forte correlazione tra ambiente, agricoltura e salute, viene disarticola e resa meno efficace l'attività di mitigazione dei rischi e di contrasto delle emergenze. Un danno, quindi, per la vita privata dei cittadini, quelli di oggi e di domani”.