La stagione in corso e ormai agli sgoccioli, secondo Ismea, è caratterizzata da un raccolto piuttosto abbondante e dalla prevalenza di calibri piccoli. Purtroppo solo il prodotto di calibro medio-grande spunta quotazioni soddisfacenti per i produttori. Significativo il ruolo dell’industria dei succhi che, dopo l’azzeramento delle scorte dovuto a due campagne con scarsi raccolti, ritira e lavora ingenti quantitativi di arance, soprattutto frutti medio-piccoli, alleviando in tal modo la pressione dell’offerta, resa effettiva dal concomitante incremento della produzione mediterranea.
A livello nazionale, il potenziale produttivo ammonta a circa 80mila ettari. Nel 2020 la superficie in produzione è diminuita del 2,5% su base annua e la flessione è ancora più ampia rispetto al dato medio dell’ultimo triennio (-3,5%). La Sicilia è la prima regione per superficie investita ad arance, con circa i due terzi del totale nazionale, ma allo stesso tempo è anche l’area che mostra la maggior riduzione su base annua (-3,5%) a causa soprattutto della flessione nelle province di Catania (-500 ettari in produzione rispetto al 2019), Agrigento (-370 ettari) e Messina (-1.000 ettari). La Calabria è la seconda regione italiana per superficie in produzione (circa il 20% del totale nazionale) e mostra una sostanziale stabilità del potenziale produttivo. A seguire si collocano Puglia e Basilicata con circa il 5% della superficie nazionale investita ad arance. Rispetto al 2019, queste regioni evidenziano un andamento contrapposto. La Puglia registra un incremento di circa 100 ettari della superficie in produzione (+2,4%), grazie all’aumento registrato nella provincia di Taranto mentre la Basilicata perde circa 50 ettari (-1,5%).
E la domanda come andata? Ci sono segnali contrastanti. Da un lato, dati incoraggianti sugli acquisti delle famiglie per il consumo domestico, in netta ripresa rispetto agli ultimi anni, ma dall’altro osserviamo il blocco della ristorazione che ha ridotto sensibilmente la richiesta alla fase di ingrosso dalla quale si stima comunque che passi circa il 20% delle vendite.
Le vendite al dettaglio conoscono una fase espansiva anche in conseguenza della pandemia, grazie al ruolo di integratore naturale di vitamine e antiossidanti che il consumatore riconosce ad arance e agrumi in genere. L’effetto coronavirus, particolarmente evidente nelle prime settimane di lockdown, è proseguito anche nella prima parte della campagna 2020/21 con consumi che nel periodo ottobre 2020 – gennaio 2021 sono cresciuti dell’11% su base annua.
Oltre alla congiuntura sfavorevole, il settore agrumicolo nazionale è penalizzato fortemente dai limiti della propria struttura. L’agrumicoltura è una realtà a forte connotazione mediterranea e sono coinvolte specifiche aree del Sud Italia. La filiera produttiva è estremamente concentrata geograficamente: due terzi delle arance sono prodotte in tre aree del Meridione: a Catania insiste circa un terzo della produzione nazionale, a Siracusa circa un quinto e nella provincia di Reggio Calabria il 10%. A livello di produzione, l’eccessiva frammentazione della maglia poderale (la dimensione media delle aziende agrumicole è di 2,5 ettari) e gli impianti poco moderni e razionali determinano una minore produttività, una scarsa resistenza alle fitopatie (in particolare al virus della Tristeza) e un calendario di raccolta più breve rispetto ai nostri diretti competitor spagnoli.
Dal punto di vista commerciale permane la scarsa propensione degli agricoltori ad associarsi in cooperative ed OP che seppure numerose rimangono di dimensioni economiche medio-piccole. I dati relativi alle superfici coltivate confermano la tendenza strutturale alla riduzione degli investimenti, ascrivibili in gran parte ai danni del virus della Tristeza sugli aranceti siciliani. L’unica valida soluzione per gli agrumeti colpiti da questa malattia è l’espianto e il successivo reimpianto con portainnesti resistenti. Le rilevazioni più recenti confermano che in Sicilia è in atto questo processo di riconversione anche se, al momento, una parte delle superfici reimpiantate non è ancora entrata in produzione.