Il sistema agroalimentare, inteso complessivamente come agricoltura, silvicoltura e pesca (Asp), si è confermato settore chiave della nostra economia anche per il 2018. La produzione (59,2 miliardi di euro in valori correnti) ha registrato un aumento significativo pari all’1,8% rispetto all’anno precedente, legato a una lieve crescita dei volumi prodotti (0,6%) e a un rialzo dei prezzi dei prodotti venduti (+1,1%).
Tuttavia, stabili sia il valore aggiunto, a causa del forte incremento dei consumi intermedi (+4,2%) sia il peso complessivo sul sistema economico (2,2%). Al risultato positivo hanno contribuito tutte le componenti, con le variazioni più significative da parte di silvicoltura e pesca (rispettivamente con +3% e +2,6% in valori correnti), pur rimanendo marginali rispetto all’agricoltura, che da sola pesa per oltre il 94% sul totale.
Sono alcuni dati contenuti nell’Annuario dell’agricoltura italiana 2018 e del Rapporto sul commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari 2018, elaborati dal Crea, con il suo Centro di Politiche e Bioeconomia. La presentazione evidenzia l’immagine di un comparto che, nonostante alcune criticità, presenta segnali di importante dinamismo, testimoniato dall’aumento degli investimenti fissi lordi (+4,2%), ma anche dalle buone le performance dell’industria alimentare, che pesa per l’11% circa sul valore aggiunto e per il 12% circa sull’occupazione del settore manifatturiero nazionale, registrando nell’ultimo decennio livelli di produttività (+9%) e indici della produzione industriale più elevati, rispetto al resto del sistema industriale.
Aumenta lievemente il lavoro agricolo, con +0,8% delle unità di lavoro annue (Ula) impiegate, grazie alla crescita della componente dipendente (+2,5), che segnala la progressiva professionalizzazione dell’attività agricola. Risulta, inoltre, sempre più importante per le aziende la diversificazione delle attività produttive, che pesa per circa il 20% sul valore della produzione. Emerge inoltre che chi diversifica consegue migliori risultati economici.
Ai buoni risultati contribuiscono anche le iniziative di carattere politico, con il livello di sostegno pubblico in agricoltura che ha superato i 12,7 miliardi di euro (+23%). Aumentano le aziende di classi dimensionali elevate (oltre i 100.000 euro di produzione standard), che gestiscono circa metà della Sau totale. La superficie media aziendale che è salita a 11 Ha, anche grazie ad un lieve ripresa del mercato fondiario, e soprattutto al ricorso agli affitti.
La diffusione di pratiche sostenibili e il rafforzamento della componente forestale appaiono cruciali per il loro contributo a processi di mitigazione del cambiamento climatico. Cresce l’attenzione al ruolo di tutela paesaggistica, con numerosi riconoscimenti internazionali e nazionali, che favoriscono anche la crescita di attività collaterali come l’enoturismo, la cui disciplina è stata rinnovata di recente.
Il sistema di qualità basato sulle indicazioni geografiche (300 prodotti alimentari e 526 vini) ha raggiunto un valore di mercato di primo piano, il cui export commerciale è minacciato dall’instabilità politica internazionale. "Le analisi periodiche condotte dal Crea – ha dichiarato Roberto Henke, direttore del Crea Politiche e Bioeconomia – restituiscono un’immagine del settore agricolo italiano in cui convivono importanti segnali di dinamismo, a fianco di alcuni problemi ancora aperti, nonostante i quali la nostra agricoltura appare collocata lungo un percorso evolutivo di straordinario interesse. Per il futuro sviluppo del settore, l’esigenza imprescindibile è quella di trovare, da un punto di vista programmatico, il migliore equilibrio tra il bisogno di preservare una tradizione produttiva consolidata e la necessità di superare le criticità irrisolte, attraverso le ineludibili spinte innovative provenienti dalla ricerca e dall’avanzamento tecnologico".
Ancora una volta è stato l’export a fare da traino, con un aumento delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari del +1,4% rispetto al 2017, superando i 41,6 miliardi di euro, a fronte di una riduzione delle importazioni del -2% rispetto al 2017, attestandosi a 43,7 miliardi. Questa dinamica ha reso possibile la contrazione del deficit della bilancia agroalimentare, che per la prima volta scende sotto i 2 miliardi.
Il principale mercato di riferimento è l’Unione Europea con 2/3 delle nostre esportazioni e oltre il 70% delle importazioni, seguito da Nord America e Asia. L’83% delle esportazioni riguarda prodotti trasformati o bevande, mentre 1/3 delle importazioni è costituito da prodotti primari in larga parte destinati all’industria alimentare. I prodotti del Made in Italy rappresentano oltre il 73% delle esportazioni.
L’analisi dei primi nove mesi del 2019 evidenzia un’ottima performance delle esportazioni agroalimentari, con un aumento del 4,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; tornano a crescere anche le importazioni agroalimentari (+1,4%). A trainare l’andamento positivo delle esportazioni, anche nel 2019, sono i prodotti trasformati e soprattutto le bevande, sia vino che altre bevande alcoliche e non alcoliche.
Dal lato delle importazioni calano, invece, i flussi del settore dei trasformati. Il Nord America, principale mercato di destinazione Extra-UE, incrementa ulteriormente il proprio peso. I prodotti del Made in Italy, che rappresentano oltre il 73% delle esportazioni agroalimentari italiane, confermano il trend positivo. Molti dei principali prodotti, tra cui vino, prodotti da forno e formaggi, evidenziano, nell’intero periodo analizzato, tassi di crescita rilevanti.
Infine, da oggi on line sul sito del Crea anche L’agricoltura italiana conta 2019, giunta alla 32° edizione, un affermato e agile strumento informativo sull’andamento del sistema agroalimentare italiano.