Ribadito nei giorni scorsi il record nostrano in tema di produzioni dop e igp, occorre svolgere un’analisi più approfondita e categorizzata per comprendere quali prodotti trainano il tricolore. Tra le molte conferme spunta anche qualche piacevole sorpresa.
Birra, caviale e altre nuove specialità stanno dando nuova linfa alla già autorevole distintività dei prodotti italiani all'estero. Lo svela un’analisi sul commercio estero sulla base di dati Istat. Secondo gli ultimi dati il valore del cibo made in Italy fuori dai confini nazionali sarebbe raddoppiato negli ultimi dieci anni, facendo segnare un aumento record del 79% nelle esportazioni che hanno raggiunto il massimo storico di 36,8 miliardi di euro nel 2015. Ciò rende il ministro Martina ragionevolmente ottimista sull’obiettivo 50 miliardi da qui al 2020.
Il successo dei prodotti nostrani, è stato possibile anche grazie a novità alimentari che un tempo erano patrimonio esclusivo di altre nazioni, tra cui la birra il cui valore delle esportazioni è triplicato (+206%) conquistando i mercati di paesi tradizionalmente produttori come la Gran Bretagna o Germania, ed il caviale, che in un decennio è passato da zero a 11,2 milioni di euro, invadendo le tavole della Russia prima di essere bloccato dall’embargo legato alla crisi Ucraina. Triplicata (+201 per cento) pure l’esportazione di funghi freschi o lavorati.
In ogni caso a trainare l'export è ancora, naturalmente, il vino, ambasciatore principe del made in Italy, che fa registrare un aumento dell’80 per cento nel decennio per raggiungere nel 2015 un valore delle esportazioni di 5,4 miliardi che lo colloca al primo posto tra i prodotti della tavola Made in Italy all’estero.
Al secondo posto si posiziona l’ortofrutta fresca con un valore stimato in 4,4 miliardi nel 2015 ma con una crescita più ridotta e pari al 55% mentre al terzo posto sul podio sale la pasta che taglia il traguardo dei 2,4 miliardi per effetto di una crescita del 82% nel decennio.
Nella top five ci sono anche i formaggi che hanno raggiunto un export stimato a 2,3 miliardi con un balzo del 95% in dieci anni mentre la classica "pummarola" fa salire la voce pomodori trasformati a 1,5 miliardi (+88% nel decennio).
A determinare l’ottima performance dell’agroalimentare italiano sono stati però anche l’olio di oliva che è aumentato del 24% nel periodo considerato per raggiungere 1,4 miliardi a pari merito con i salumi.