Il progressivo aumento dell’elettricità prodotta dalle fonti rinnovabili sta facendo crescere il mercato dei sistemi di accumulo a batteria. Oggi ci stiamo concentrando su nuove tecnologie più efficienti ed economiche per stoccare il surplus di energia pulita prodotta dal fotovoltaico e dall’eolico e poterlo utilizzare nei momenti di massimo picco o quando gli impianti sono inattivi; insomma, quando serve.
Tra le soluzioni più interessanti ci sono le batterie organiche, una tecnologia che offre diversi vantaggi. Le batterie organiche sono prive di metallo, economiche, versatili e a basso impatto ambientale. Inoltre possono sopportare molti cicli di ricarica senza degradarsi.
Interessanti novità arrivano da un progetto di ricerca dell’Università di Harvard, sviluppato in collaborazione con l’Università di Tor Vergata e la Fondazione Bruno Kessler di Trento. I ricercatori hanno ideato batterie al rabarbaro in grado di immagazzinare l’energia rinnovabile in eccesso a basso costo, senza utilizzare materiali inquinanti o costosi e rari come il vanadio.
La nuova tecnologia si basa sul chinone, una molecola a base di carbonio che può essere estratta facilmente dalle piante di rabarbaro. Le cariche elettriche vengono catturate dagli elettroliti contenuti in una soluzione liquida. L’anodo è composto da chinoni diluiti in acido solforico, mentre il catodo sfrutta le proprietà del bromo. La batteria a flusso stocca l’energia in serbatoi chimici.
Le batterie al rabarbaro, presentate per la prima volta dai ricercatori di Harvard nel 2014, sono ora pronte a fare il loro debutto sul mercato. Le batterie inizialmente verranno destinate ad applicazioni domestiche, permettendo ai consumatori di spendere solo 1/3 rispetto ai costi dei sistemi di accumulo disponibili attualmente sul mercato. In futuro l’azienda mira a produrre batterie più capaci in grado di stoccare quantitativi superiori di energia, da destinare a usi industriali.
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